«SANTI E DEFUNTI, FESTE DELLA “CASA”»

Mi colpisce sempre la vicinanza tra la solennità di tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti. Perché sono così vicine? Che cosa le lega?
Forse è l’idea della casa.

I santi ci fanno sentire “a casa”

Penso ai santi “normali”, quelli della vita ordinaria, che non vanno sul calendario liturgico: ecco, loro ci fanno sentire a casa. La tradizione li chiamava «i Somigliantissimi», perché la loro umanità era quella più simile all’umanità di Gesù: un’umanità capace di amare, sempre.
È questo tipo di umanità a farci sentire a casa, ad aiutarci a essere noi stessi. I santi ci fanno sentire a casa, perché è a casa che viviamo relazioni di affabilità e tenerezza; è lì che ci ritroviamo, che siamo “noi” (anche tra difficoltà e momenti di tensione, che fanno parte della nostra vita).

I defunti sono “tornati a casa”

I defunti sono coloro che sono tornati a casa: alla casa del Padre. La morte è proprio questo, è un “tornare a casa”. Il passaggio dell’incontro con Dio ci fa trovare ciò che siamo. Il giudizio di Dio farà risplendere la verità di quel che siamo: e noi siamo l’amore offerto e ricevuto in questa vita. Con il passaggio della morte risplenderà ciò che siamo; con la morte noi “torniamo a casa”.

Una preziosa testimonianza

Vi condivido un pensiero dell’allora cardinale di Chicago Joseph Bernardin (dal suo ultimo libro Il dono della pace):
«Mentre concludo questo libro, sono al tempo stesso esausto e contento. Esausto per la stanchezza causata dal cancro che mi sta opprimendo. Contento perché ho finito un libro molto importante per me. Mentre scrivo queste parole finali, il mio cuore è pieno di gioia. Sono in pace.
È il primo giorno di novembre e l'autunno sta lasciando il passo all'inverno. Gli alberi perderanno presto il vivace colore delle loro foglie e la neve coprirà il suolo. La terra si fermerà e la gente correrà avanti e indietro imbottita, per stare al caldo. L'inverno di Chicago è rigido. È un tempo in cui tutto attorno la natura sta morendo.
Ma noi sappiamo che presto verrà la primavera con le sue meraviglie e la nuova vita.
Mi è chiaro che in primavera io non sarò più vivo. Ma sperimenterò una nuova vita in modo differente. Non so che cosa m'aspetti nell'aldilà, so che – come Dio mi ha chiamato a servirLo al meglio delle mie capacità in tutta la mia vita in terra – così Egli mi sta ora chiamando a casa.
Molti mi hanno chiesto di parlare del paradiso e della vita ultraterrena. Talvolta sorrido a tale richiesta, perché ne so tanto quanto loro. Eppure… […].
La prima volta che andai con mia madre e mia sorella nella terra natale dei miei genitori, nell'Italia del Nord, mi sembrava di esserci già stato prima. Dopo anni che sfogliavo l'album di fotografie di mia madre, riconobbi le montagne, il paese, le case e la gente. Appena entrammo nella valle, mi dissi: ‘Dio mio, questo posto lo conosco. Sono a casa’». In qualche modo, penso che il passare da questa vita alla vita eterna sia una cosa simile. Sarò a casa».

don Davide