Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la navigazione e offrire servizi in linea con le tue preferenze.
Per approfondire le cookie policy premi il bottone POLICY.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando un suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.

Image
 
OMELIE ANNO A 2019-20
 
Image

VIa dopo il martirio di S. Giovanni - Domenica 4 ottobre 2020
( Gb 1,13-21; 2Tm 2,6-15; Lc 17,7-10 )

don Davide Milanesi

Come risuona dentro di noi la parola di Gesù “siamo servi inutili?” Noi tutti credo svolgiamo molti servizi per chi amiamo: per i nostri figli, per la moglie e il marito, per i genitori anziani, per la parrocchia e, spesso, dentro i servizi che facciamo, giustamente, vorremmo che chi li riceve sappia almeno riconoscere la nostra fatica, la nostra generosità.
Non è forse vero che ci fa male quando gli altri, continuamente, pretendono e non ci dicono mai un “grazie”.
A volte si dice: «Non pretendo chissà cosa in cambio, per questo servizio; ma, almeno, un grazie!» e credo che questo sia legittimo, sia molto umano.
Oppure, ancora, qualcuno pur dicendo che non si aspetta un grazie perché fa quel servizio, perché è giusto farlo, è doveroso, in realtà, lo dice con la testa, perché il suo cuore invoca la gratitudine, facendo “pesare” il servizio che fa, dicendo che gli porta via tanto tempo, oppure che avrebbe qualcosa di meglio da fare.
Oppure, infine, si invoca la gratitudine quando si fa fatica ad accogliere un aiuto: prima ci si lamenta, perché siamo sempre gli stessi; poi, però, appena arriva uno nuovo a dare una mano, allora lo si critica e non si vede la disponibilità dell’altro come un’occasione di fraternità, ma come minaccia a un potere conquistato grazie al servizio svolto.
Insomma, quando ci si mette a fare un servizio, ci sono diversi modi per invocare la gratitudine, mentre, oggi, il Vangelo sembra dire che pretendere un grazie sia uscire dalla categoria dei servi inutili.
È interessante vedere che, subito dopo queste parole di Gesù, si racconta l’episodio dei dieci lebbrosi guariti, nel quale solo uno di essere torna indietro, a rendere grazie.
Quasi a dire che anche Gesù fa l’esperienza del servo inutile, anche Gesù sperimenta l’ingratitudine (almeno di 9 su 10).
Il servo inutile è colui che, alla fine, non si aspetta un “grazie”, sembra che sappia vivere senza gratificazioni, perché alla fine dice “abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
Qual è il segreto del cuore del servo inutile?
Perché il servo inutile non si aspetta un grazie?
Per rispondere a queste domande dobbiamo chiederci:
Qual è l’effetto di una gratificazione? Quello di darci gioia.
Il cuore del servo inutile invece è un cuore che trova gioia, non tanto per le gratificazioni che riceve per i servizi che fa; la gioia del servo inutile sta nel sentirsi amato da Dio, nel percepire che è prezioso agli occhi di Dio.
Il suo servizio diventa, semplicemente, un restituire l’amore che ha ricevuto.
Potremmo dire che il servo inutile si muove non perché è attirato dalle gratificazioni ma perché è spinto dall’amore di Dio.
Per il servo inutile, il servizio è il suo “grazie” a Dio per quanto ha ricevuto.
Se il servizio che fa è il suo modo di dire grazie a Dio, allora farà quel servizio con gioia, abbandonando ogni lamentazione, ogni critica, non facendo pesare quello che fa.
Il servo inutile fa un servizio con il sorriso sulle labbra e tanta ironia.
Se manca la gioia di servire, se manca il sorriso, mentre si fa un servizio, stiamo pur certi che non siamo spinti dall’amore di Dio, ma dal nostro amor proprio.
Scrive René Voillaume nell’ultimo capitolo di “Come loro - il lavoro nascosto dell’amore”:
Finché avrai la certezza sentita e umana, un po’ soddisfatta, dell’utilità della tua vocazione, vi sono molte probabilità che il tuo amor proprio sia ancora la ragione della tua vita.
Ci si fa servi non per avere gratificazioni, che, se arrivano, bene; piu5tosto, si vive il servizio per restituire l’amore percepito e ricevuto.
Il servo inutile cerca la gioia non nelle gratificazioni che gli possono venire dalle opere che fa, ma dall’amore che Dio ha per lui. Noi dovremmo arrivare alla fine della nostra vita ed essere contenti, più per quanto Dio ci ha dato, che per quanto abbiamo fatto.
Anzi: alla fine della nostra vita, dovremmo chiederci se tutto quello che abbiamo ricevuto lo abbiamo restituito, per renderci conto che quello che abbiamo ricevuto è di più di quanto abbiamo dato e, così, chiedere perdono e trovare la gioia nella sua misericordia.
Dire “siamo servi inutili” è dire che siamo gente che cerca la gioia in ciò che Dio ci dona, piuttosto che nelle gratificazioni che ci vengono dai nostri servizi.

  don Davide

Contattaci

  Via San Giacomo, 9,  20142, Milano

Scrivi al Parroco

  don Davide Milanesi

Aiuta l'Oratorio

Se sei disponibile

  •   a offrire del tempo
  • (anche solo un'ora !)
  • fa click  > qui <

Newsletter "il Seme"

Non ricevi la newsletter "il Seme" ?

  •   Inserisci la tua e-mail qui sotto:
Approvazione Privacy policy

Search