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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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Va dopo Pentecoste - Domenica 5 luglio 2020
(Gen 11,31.32b-12,5b; Eb 11,1-2.8-16b; Lc 9,57-62)

don Davide Milanesi

Vorrei attirare questa sera l’attenzione sull’espressone di Gesù:“il figlio dell’uomo non ha una pietra dove posare il capo”. Espressione che ha sempre la capacità di inquietarmi e allo stesso tempo di affascinarmi.
Vediamo come si arriva a questa affermazione di Gesù.
Innanzitutto, c’è un tale, di cui non si dice il nome, quasi a voler tirare dentro ciascuno di noi. Cosa sappiamo di questo tale? Che ha un desiderio: Seguire Gesù.
Questo tale potrebbe essere ciascuno di noi, tutte le volte che intuiamo o abbiamo avuto o abbiamo tutt’ora la percezione che seguire Gesù non ci fa sciupare la vita.
Con la sua risposta: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Gesù pone le condizioni per verificare l’autenticità del nostro desiderio di seguirlo.
Una condizione detta facendo riferimento alle volpi e a gli uccelli del cielo, i quali hanno la tana e il nido.
Sia le volpi, gli animali più astuti, sia gli uccelli del cielo, gli animali più semplici, hanno luoghi dove sentirsi sicuri: la tana e il nido.
In contrasto con le volpi e gli uccelli del cielo, il Figlio dell’uomo non ha una pietra dove posare il capo, non ha un luogo dove trovare sicurezza.
Sembra quasi voler dire che il Figlio dell’uomo pone la sua sicurezza in un continuo camminare: è uno che non si ferma, cammina in continuazione perché non ha un pietra dove posare il capo. Non ha tane o nidi che gli diano sicurezza.
Seguire Gesù è abbandonare ogni logica di comodità, è non sentirsi arrivati.
Se uno desidera seguire Gesù, per avere una vita comoda, allora quel desiderio va purificato. Perché seguire Gesù è apprezzare la gioia del cammino, più che della sosta: è abbandonare la pantofola per prediligere gli scarponcini.
È abbandonare la divano felicità, per gustare la felicità del cammino.
Seguire Gesù è come andare in bicicletta, dove, per stare in piedi, bisogna pedalare.
Se nella nostra vita spirituale siamo fermi in qualche tana, in qualche nido, questa pagina di vangelo, attraverso la quale Gesù ci ricorda che non ha una pietra dove posare il capo, diventa una provocazione a rimetterci in cammino.
Magari, è da molti anni che il nostro modo di pregare non è cambiato: c’è una modalità di preghiera che certamente mi aiuta, ma è anche diventata una tana comoda dove stare tranquillo.
Magari i nostri modi di amare nostra moglie, nostro marito, i nostri figli sono fermi da dieci anni: ci sono gesti, parole che hanno perso il gusto della creatività e sono diventati il nostro nido, dove sentirci tranquilli e comodi. Ci sono, magari, alcuni modi di guardare a questo mondo, ai giovani, alla Chiesa, alla politica che sono fermi da molto tempo: sono convinzioni che sono diventate una tana un nido da cui nessuno riesce a tirami fuori.
Questa pagina di Vangelo con questo figlio dell’uomo che non ha una pietra dove posare il capo viene a risvegliarci, viene ad inquietarci dentro le nostre tane i nostri nidi.
Questa pagina di Vangelo diventa un invito a riprendere il cammino, a risvegliare la nostra creatività, la nostra capacità di rimetterci in discussione: per questo, è una pagina che inquieta, ma, nello stesso tempo, affascina, perché uscire dalla tana è andare incontro alla vita: è aspettarsi ancora qualcosa dalla vita.
Signore, tiraci fuori dalle nostre tane, dai nostri nidi e risveglia in noi creatività e fantasia, perché il figlio dell’uomo non ha una pietra dove posare il capo.

  don Davide

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