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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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ASCENSIONE DEL SIGNORE  - Domenica 25 maggio 2020
(At 1,6-13a; Ef 4,7-13; Lc 24,36b–53)

don Davide Milanesi

Vorrei che entrassimo in questa solennità dell’Ascensione, facendoci aiutare dalle parole della preghiera del prefazio, in cui si dice che Gesù ci ha preceduto nella dimora eterna, per darci la sicura speranza che, dove è lui, saremo anche noi.
Dov’è questa dimora eterna, nella quale tutti andremo a finire?
Questa è una domanda che, spesso, di fronte alla morte dei nostri cari, o pensando alla nostra morte, potremmo farci: dove sono? dove andremo noi dopo la morte?
Spesso, noi chiamiamo «paradiso» questa dimora eterna, oppure, a volte, diciamo «è andato in cielo».
In realtà, vorrei dire che la dimora eterna, il paradiso in cui Gesù ci ha preceduto e in cui anche noi andremo, non è un luogo, ma una condizione di vita: è un modo di vivere, è una realtà nuova. Questa realtà nuova, che vivremo dopo la morte, è la resurrezione. È la realtà del risorto.
Per questo, è importante andare al Vangelo e vedere cosa combina il risorto.
Il Risorto mostra continuamente i segni dei chiodi. Guardate le mie mani e miei piedi..... mostrò loro mani e piedi.
I segni di questa realtà sono i segni della crocifissione. I segni della crocifissione non sono altro che i segni dell’amore. La dimora eterna, nella quale Gesù ci ha preceduto, non è un luogo, ma una realtà caratterizzata dai segni dell’amore. Questa vita nuova, dove andremo, sarà – quindi – una vita nell’amore.
La dimora eterna è questa vita nuova, in cui noi gioiremo per l’amore offerto e ricevuto in questa vita.
La domanda del dopo - morte non è «dove andremo a finire?», bensì: «chi saremo?».
Noi saremo l’amore offerto e ricevuto in questa vita. Questo può aiutarci a fare luce sulla fede nella resurrezione dei corpi. Cosa intendiamo, con quest’espressione?
Il corpo dice la nostra singolarità, è un modo attraverso il quale gli altri riconoscono che sono proprio io e non altri: il corpo dice la mia singolarità, una singolarità costituita dall’amore offerto e ricevuto. Risorgere nel corpo vuol dire vivere non del male compiuto, ma dell’amore offerto e ricevuto.
Se la dimora eterna, dove Gesù ci ha preceduto, è questa realtà, fatta dell’amore offerto e ricevuto, è chiaro che noi incontreremo, “rivedremo” le persone che abbiamo amato e ci hanno amato in questa vita.
Quando andiamo al cimitero e vediamo le foto dei volti di chi ci ha amato e abbiamo amato, noi diciamo che parte di noi è andata via con la persona che abbiamo amato, che la morte ci ha strappati gli uni agli altri e che un giorno ci rincontreremo perché, se la morte toglie la vita, non toglie – però – l’amore.
Noi costruiamo la dimora eterna già “qui e ora”, tutte le volte che, nella nostra vita, offriamo e riceviamo amore.
L’Ascensione ci ricorda che Gesù ci ha preceduto nella dimora eterna, dove anche noi andremo, ma la dimora eterna non sarà un luogo, bensì, una realtà nuova, dove noi vivremo e gioiremo dell’amore offerto ricevuto in questa vita.

  don Davide

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