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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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QUINTA DOMENICA DI PASQUA  - Domenica 10 maggio 2020
( At 10,1-5.24.34-36.44-48a; Fil 2,12-16; Gv 14,21-24 )

don Davide Milanesi

Vorrei soffermarmi su questo passaggio di Gesù, ascoltato nel vangelo: “se uno mi ama osserverà la mia parola”.
Innanzi tutto, questa espressione ci può aiutare a comprendere che credere è amare Gesù, e che amare Gesù è osservare, accogliere, ascoltare la sua parola. C’è un legame tra parola e amore.
È l’esperienza umana che ci insegna che, quando noi amiamo qualcuno, desideriamo ascoltarlo. Quando due si amano, quanto stanno al telefono per parlarsi?
Forse non diciamo che un amore si spegne quando manca il dialogo? (Retrouvaille)
I vecchi, per dire che due erano innamorati, usavano l’espressione “el me fiou el ghe parla alla tua tusa”. Anche Gesù ci ricorda che c’è uno stretto legame tra amore e parola.
Per questo, oggi vorrei fare uno zoom sul valore della parola e sul parlare di Gesù, con l’intento di accendere un po’ di più il desiderio di ascoltare, osservare e accogliere la parola di Gesù.
Anzitutto, la parola è segno dell'umano. Aristotele ricorda che l'uomo è il vivente che ha la parola, è l'essere che parla: è il solo animale parlante. Anche gli animali comunicano e, spesso, in modi anche assai raffinati, ma solo l'uomo parla: la parola è un contrassegno inconfutabile dell'umano.
Per l'uomo, venire al mondo è prendere la parola.
È troppo riduttivo, dunque, dire che la parola è solo uno strumento per comunicare: la parola non è solo una tecnica, ma la facoltà - che l'uomo ha, in quanto persona - di avere un punto di vista proprio, da discutere poi con gli altri e con se stesso. Sappiamo bene che “dire” è sempre anche “dirsi”, per cui la parola è anzitutto rivelativa, prima ancora che comunicativa.
Gesù si rivela attraverso la parola e, attraverso la parola, rivela il volto di Dio.
I Vangeli, però, non ci presentano Gesù di Nazareth solo come colui che “è la parola fatta carne”, cioè rivelazione di Dio, con il suo modo di vivere, dunque di parlare, di amare e di incontrare e così via; scopriamo anche che il modo di parlare di Gesù è straordinario.
C’è anche un modo di parlare di Gesù che rivela il mistero che lo abita. In Giovanni 7,46, le guardie diranno: “mai un uomo ha parlato così”. Le guardie sono state affascinate, stupite dal modo di parlare di Gesù. C’è una bellezza del parlare di Gesù che apre la domanda sul mistero che lo abita.
Come parlava Gesù?
Per capire come parlava Gesù, dobbiamo, innanzitutto, dire che il contrario della parola non è il silenzio, anzi: il silenzio è l’altra faccia della parola; la parola radicata nel silenzio ha la possibilità di dire qualcosa, di avere un fondo da cui scaturire, che le dà sapore e la rende sapiente. La parola radicata nel silenzio è una parola che nasce da un’interiorità vissuta: per questo, diventa una parola autorevole, come era quella di Gesù.
In Mc 1,22 si dice: Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Gesù, spesso, quando parla, insegna: l’insegnamento è trasmissione di vita; l’insegnamento nasce da un’esperienza, da un vissuto. Questo insegnamento di Gesù, questo suo parlare, è trasmissione di ciò che lui ha già vissuto. Gesù non parla dicendo cose che non sente, che non vive, che non ha fatto sue: Gesù trasmette un’interiorità vissuta.
Gesù insegna, parla, ma soprattutto narra, racconta: quante storie Gesù racconta!
Gesù è un narratore di parabole; il suo linguaggio è simbolico, cioè fa unità tra cielo e terra, fra Dio e uomo. Nelle parabole, utilizza un linguaggio tratto dalla vita quotidiana, che si pone su un terreno comune a quello dei suoi ascoltatori.
Non parlava nelle università dell’epoca, ma a contadini, pastori, pescatori, artigiani: alla gente comune; poi, certo, anche a dotti (scribi e farisei), ma usando quel linguaggio che nasce dalla vita quotidiana. Narra Dio, parlando di storie che riguardano contadini, pescatori, massaie.
Il linguaggio di Gesù è comprensibile, parla in modo semplice, non intellettualistico, non cervellotico e, normalmente, la gente lo capisce.
Chi ascolta Gesù, ascolta un messaggio di grazia.
Certo, Gesù sa usare anche il registro delle invettive, della parola dura, forte aspra a volte violenta e tuttavia l'ascolto della parola di Gesù è un'esperienza che potremmo dire di perdono, di salvezza.
Il Vangelo, oggi, ci invita ad osservare la parola di un uomo che parla così. Non ci resta che accogliere l’invito di Gesù: “Se uno mi ama, osserva le mie parole”.

  don Davide

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