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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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ULTIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA - Domenica 23 febbraio 2020
( Os 1,9a; 2,7a.b-10.16-18.21-22; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32 )

don Davide Milanesi

Più leggo questa pagina di Vangelo, più mi dico che non va spiegata: va gustata. Come un ottimo piatto di risotto: prima lo si gusta e, solo dopo averlo gustato, si chiede la ricetta.
Vorrei, però, attirare l’attenzione sulle condizioni che portano il figlio minore della parabola a rientrare in se stesso. Perché è quel rientrare in se stesso l’inizio del cammino di conversione: è proprio da lì che ricomincia una vita nuova. In questo nostro tempo, dove sembra che siamo sempre fuori da noi stessi e la vita interiore non abbia molto spazio, vorrei, questa sera, mettere in evidenza le condizioni che portano il figlio più giovane a rientrare in se stesso.
Possiamo distinguere:

  1. un fatto legato alla sua personale responsabilità: “sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto”. Si trova a vivere una situazione di povertà legata alla sua responsabilità: sperimenta il fallimento tocca con mano al sua stupidità.
  2. Alla povertà causata dalla sua responsabilità, si aggiunge un’ulteriore povertà, causata dall’imprevedibilità della vita: l’uomo del calcolo (che ha voluto ricevere anzitempo la propria eredità) non è stato in grado di prevedere l’arrivo della “carestia”. Carestia che possiamo leggere, in termini provvidenziali, come un aiuto alla conversione del figlio minore. C’è un’imprevedibilità della vita che ha il sapore della provvidenzialità: è lo spazio in cui Dio agisce. Anche una carestia – ma soltanto dopo che si è conclusa! – può essere riletta in termini provvidenziali.
  3. C’è poi un ultimo fattore da tenere presente: a questo figlio – tenace, e direi anche umile, visto che si adatta a fare il porcaro – “nessuno dava le carrube che mangiavano i porci”. Egli sperimenta la solitudine. Vorrei mettere particolarmente in evidenza quel “nessuno”, perché dà spazio a tanta gente anonima che ha costretto molti figli a rientrare in se stessi.

In realtà, dietro a quel “nessuno”, qualcuno c’è!
Qualcuno che gli ha chiuso la porta, qualcuno che gli ha detto un bel “NO”. Proprio quella porta chiusa, proprio quel no, insieme alle altre condizioni, ha permesso al figlio di rientrare in se stesso, così da decidersi di far ritorno al Padre. Tutto questo ci fa sperare che dietro a quel “nessuno” possiamo esserci anche noi, quando, con la nostra vita – magari, senza saperlo – abbiamo aiutato qualcuno a rientrare in se stesso: la nostra vita e le nostre azioni sono più di quanto noi stessi riusciamo a comprendere; talvolta, queste toccano le esistenze di altre persone, senza che noi neppure ce ne accorgiamo. A volte, anche la nostra vita ha un non so che di provvidenziale, per gli altri!
Questa pagina diventa, quindi, un invito a continuare a credere che una vita buona, anche se non lo sa, diventa provvidenziale per qualcuno: per questo val la pena continuare ad essere buoni. Tutto ciò che di buono facciamo nella nostra vita non andrà perduto.
Concludo, leggendo il n 279 dell’Evangelii Gaudium, scritta da papa Francesco, nella quale riprende questo aspetto provvidenziale dell’amore che noi sappiamo vivere nella nostra vita dove ricorda come nessun gesto d’amore andrà perduto:

Uno è ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha la sicurezza che non va perduta nessuna delle sue opere svolte con amore, non va perduta nessuna delle sue sincere preoccupazioni per gli altri, non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna dolorosa pazienza. Tutto ciò circola attraverso il mondo come una forza di vita. […] Il Signore si avvale del nostro impegno per riversare benedizioni in un altro luogo del mondo dove non andremo mai. Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole; noi ci spendiamo con dedizione ma senza pretendere di vedere risultati appariscenti. Sappiamo soltanto che il dono di noi stessi è necessario. […] Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui

Gustando questa pagina di Vangelo, grazie alla domanda «cosa sento quando risuona dentro di me la parola Dio?», ho gustato il sapore della parola Ricominciare, grazie ad una preghiera scritta dalle madri dei figli desaparecidos in America Latina

"Ricomincia anche se senti la stanchezza,
anche se il successo ti abbandona,
anche se un errore ti fa male,
anche se un tradimento ti ferisce,
anche se un'illusione si spegne,
anche se il dolore brucia gli occhi,
anche se i tuoi sforzi vengono ignorati,
anche se l'ingratitudine è la tua ricompensa,
anche se l'incomprensione ti mozza il sorriso,
anche se tutto rimane nell'indifferenza,
ricomincia.
Ricomincia perché non esistono situazioni in cui l'amore non abbia ancora qualcosa da dire.
Perché l'amore è sempre un miracolo e sa sempre andare oltre.
Ricomincia perché anche Dio vuole ricominciare con te ogni giorno, nonostante tutto, tenace e ostinato nel perdonarci com'è.
Dio è lì in questo tuo ricominciare".

  don Davide

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