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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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PENULTIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA - Domenica 16 febbraio 2020
( Bar 1,15a; 2,9-15a; Rm 7,1-6a; Gv 8,1-11 )

don Davide Milanesi

Vorrei che entrassimo dentro questa pagina di Vangelo con questa domanda: «Chi è sotto processo: la donna o Gesù?».
Mi pare che la domanda dei farisei, a proposito di questa donna sia solamente il pretesto per poter condannare Gesù. Il loro interesse per la donna va molto al di là del desiderio di applicare la legge di Mosè: sembra, piuttosto, essere legato alla possibilità di dimostrare che Gesù è distante dalla legge, è inaffidabile perché non rispetta la legge. A loro, la donna interessa poco o nulla. È – semplicemente – un caso da sottoporre ad analisi e non una persona da incontrare o da conoscere. I farisei, infatti, «vogliono mettere alla prova Gesù».
Quindi, sotto processo è Gesù. Cosa possiamo, quindi, dire di questo Gesù che non condanna una «donna come questa»? Quale sentenza siamo disposti ad emettere nei confronti di questo Gesù che trasgredisce quella legge di Mosè, che comandava di lapidare «donne come queste»?
Ho provato a pensare che, di fronte ad un Gesù che non verifica nemmeno il pentimento di questa donna, noi potremmo emettere un sentenza di questo tipo: Gesù è un lassista e un buonista. Ma essere buoni, scusate: è un peccato? È un errore? Perdonare qualcuno, oggi, è sbagliato?
Mi piace molto la parola di Gesù “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma, soprattutto, mi piace il fatto che il Vangelo sottolinei che i primi ad andarsene sono i più anziani. Perché i più anziani sono i primi a lasciar cadere le pietre e ad andarsene? Forse perché la vita, il passare degli anni, ha insegnato loro quanto siamo fragili; gli anni della vita, infatti, ci fanno toccare con mano le nostre fragilità e, per questo, comprendiamo sempre meglio la misericordia di Dio. La vita dovrebbe, infatti, insegnarci ad avere uno sguardo sempre più simile a quello di Dio, che ci perdona sempre, anche per gli stessi peccati, ai quali, più volte abbiamo cercato di porre rimedio, eppure non riusciamo a vincerli, se non grazie alla misericordia di Dio.
La vita, mettendoci a contatto con le nostre fragilità e i nostri peccati, dovrebbe, piano piano, renderci più umili, facendoci avvertire – con sempre più insistenza – il bisogno della misericordia di Dio, che, a sua volta, ci aiuta a riconoscere le nostre fragilità e diventare più buoni nei confronti di chi sbaglia.
La misericordia di Dio dovrebbe convertire il nostro cuore dalla pretesa alla riconoscenza.
I nostri errori i nostri peccati dovrebbero piano piano graffiare la durezza del nostro cuore orgoglioso facendoci diventare più buoni. Mi piace pensare, infatti, che il gesto di Gesù di scrivere per terra come il gesto di chi, togliendo la polvere, cerchi di graffiare la durezza del terreno: Gesù, perdonando, spazza via la polvere della nostra presunzione, per graffiare la durezza dei nostri cuori orgogliosi, così da renderli più buoni e comprensivi nei riguardi degli errori degli altri.

  don Davide

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