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OMELIE ANNO A 2019-20
 
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Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe - Domenica 26 Gennaio 2020
( Sir 7,27-30.32-36;  Col 3,12-21; Lc 2,22-33 )

don Davide Milanesi

Mi piacerebbe che, in questa Festa della famiglia, in cui la pagina di Vangelo ci mostra Gesù che ascolta e interroga i dottori della legge, prima di dire qualcosa sulla famiglia, ci mettessimo in ascolto delle famiglie.
Per questo motivo, mi piacerebbe immaginare il fanciullo Gesù, che, vagando per le strade di Milano, si mette in ascolto e interroga le famiglie che incontra.
La prima famiglia, incontrata in via Boifava, è una coppia molto giovane; Gesù ascolta: «Non siamo sposati in chiesa, lui non è battezzato e non è credente, però ci vogliamo bene».
Più avanti, un’altra famiglia con tre figli: uno biondo, uno con i capelli neri e l’ultima la più piccola con i capelli rossi. Gesù si complimenta con loro per i figli, il papà rischiarandosi la voce dice «il biondo è del precedente matrimonio, con una donna proveniente dalla Svezia»; la moglie incalza «quello con i capelli neri è da un mio precedente matrimonio in chiesa, l’ultima e nostra; è dieci anni che siamo insieme e ci vogliamo bene».
Gesù cammina tutto contento per le strade di questa nostra città e incontra un’altra coppia e ascolta anche loro: «Ci siamo sposati in chiesa con il rito misto, lei è buddista, siamo insieme da 13 anni e ci vogliamo bene. »
Incontra un’altra coppia con maglioncino Benetton, dove la differenza di genere non si distingue in modo chiaro, e ascolta anche loro: «Siamo insieme da 5 anni e ci vogliamo bene».
Trova poi una coppia di giovani, seduti su una panchina e Gesù ascolta anche loro: «Siamo venuti a Milano per lavoro, conviviamo e ci vogliamo bene». I giovani salutano e Gesù si siede sulla panchina. Con quel lasciate che i bambini vengano a me, dalla panchina Gesù comincia interrogare i bambini e ad ascoltarli sui loro genitori.
«I mie genitori mi vogliono bene a uno di loro non assomiglio proprio, la mamma mi ha detto che nella provetta forse hanno messo un altro seme. »
Un altro bambino interviene, dicendo: «Pensa, Gesù, che io sono stato per nove mesi in una pancia diversa da quella di mia mamma, però anche se non sono stato nella pancia della mamma, lei mi vuole molto bene».
Infine un ragazzino di colore dell’età delle medie strizza l’occhio a Gesù e dice: «Io ho solo la mamma, americana, è una grande star, la mamma mi ha adottato e mi vuole bene, anche se è spesso in giro per il mondo».
Gesù pensa nel 68 si faceva l’amore ma non si facevano i bambini adesso si fanno i bambini e non si fa l’amore mi sa che stiamo peggiorando.
Ho provato ad immaginare e descrivere questi incontri di Gesù, per dire che oggi il termine famiglia non ha un’interpretazione univoca.
Oggi, il legame di coppia si presenta variamente configurato, così come il legame genitoriale.
In tutte queste svariate configurazioni c’è un ritornello di fondo: il volersi bene.
Il panorama, variamente configurato, circa il legame di coppia o genitoriale, ci chiede di porci la domanda su cosa voglia dire amarsi. Gesù, infatti, non solo ascolta ma interroga e, dopo aver ascoltato, ci interroga su cosa vuol dire amarsi tra uomo e donna.
A me pare che la questione circa l’istituzione famigliare oggi apra una sfida più profonda, quella di ricostruire la grammatica dell’amore tra uomo e donna.
Se non sbaglio, l’istituzione è un noi nel quale un soggetto si riconosce perché intravvede nell’istituzione qualcosa di promettente per sé, il soggetto vede nel noi dell’istituzione qualcosa che può tutelare custodire quell’atteggiamento tipicamente antropologico che accomuna ogni uomo ogni donna che in questo caso è il desiderio di amare e sentirsi amato.
Ogni uomo ogni donna vede nell’istituzione famigliare quel noi che meglio garantisce e tutela il bisogno di amare e di sentirsi amati che caratterizza la nostra umanità.
Ora, se l’istituzione famigliare, che è un prodotto culturale, si presenta variamente configurata, non è sull’istituzione che bisognerà agire ma su ciò che la genera. Si tratta di compiere un’operazione, di tipo culturale, che aiuti a ricomprendere cosa voglia dire amarsi tra uomo e donna.
In questo senso, il Papa sostiene che non siamo in un’epoca di cambiamenti ma in un cambiamento d’epoca.
Non a caso, mentre Giovanni Paolo II, nel 1981 poteva permettersi di fare ancora un’esortazione apostolica dal titolo “Familiaris consortio” dove il tema della famiglia lo si coglie già nel titolo, Papa Francesco, 35 anni dopo, introduce il tema della famiglia iniziando a parlare dell’amore e intitola la sua esortazione apostolica “Amoris laetitia” (2016).
Non dobbiamo dimenticare, infine, che papa Benedetto, nel 2005, scrive un’enciclica sull’amore: “Deus est caritas”
Tutto questo per dire che l’istituzione famigliare oggi ci lancia la sfida di ricomprendere l’amore tra uomo e donna, di riscrivere la grammatica dell’amore. La famiglia è come un dito che indica: non dobbiamo guardare il dito, ma andare a vedere cosa indica. L’istituzione famigliare è una modalità di interpretare quella dimensione antropologica che abita il cuore di ogni uomo e ogni donna, che è quella di sentirsi amato e di amare.
Per questo alla fine Gesù pensa che possa essere conveniente ritornare sulla carovana degli uomini, crescere con loro in sapienza, per poter dire loro: “amatevi come io vi ho amato”.

  don Davide

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