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OMELIE ANNO B 2018
 
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VII Domenica dopo il martirio di s. Giovanni  - Domenica 14 ottobre 2018
(Is 43,10-21; 1Cor 3,6-13; Mt 13,24-43)

don Davide Milanesi

Oggi siamo di fronte a tre parabole che parlano del regno di Dio.
Conosciamo bene la prima: è quella della zizzania, nella quale il regno di Dio è paragonato ad un uomo che semina del buon grano.
La seconda, invece, paragona il regno di Dio al granellino di senape.
La terza, infine, lo paragona al lievito.
Gesù spiega la prima parabola, nella quale dice che quest’uomo che semina il buon grano è il Figlio dell’Uomo (termine utilizzato da Matteo per indicare il Messia: Gesù). È Gesù che semina il buon grano della Parola nel mondo. Gesù stesso è il regno di Dio.
Se Gesù è il regno di Dio, allora lo si può paragonare al granellino di senape, piccolo, che si nasconde nella terra, marcisce e fa crescere un albero molto grande, su cui possono posarsi gli uccelli. Se Gesù è il regno di Dio, allora lo si può paragonare al lievito che, nascosto e impastato con la farina, la fa lievitare.
Da queste due parabole, che seguono quella della zizzania, possiamo tratteggiare due caratteristiche di questo regno di Dio: la piccolezza e il nascondimento.
La piccolezza del granellino di senape dà vita ad un albero molto grande;
il lievito nascosto nella farina la fa lievitare per essere utilizzata come pasta.
Se piccolezza e nascondimento caratterizzano il regno di Dio, sono costitutive anche della vita di Gesù. Dio, in Gesù, si è nascosto per 30 anni a Nazareth. Dio ha scelto la piccolezza di un uomo, Gesù, per raccontarsi agli uomini, non ha fatto i fuochi d’artificio !
Per noi, cosa vogliono dire piccolezza e nascondimento ?
Ho provato a pensare alla piccolezza come la capacità di riconoscere il bene che abbiamo e facciamo per metterlo nelle mani di Dio. Tutti noi siamo capaci di fare qualcosa di bene; talvolta, in riferimento ai bisogni del mondo, il bene che facciamo ci sembra piccola cosa; in effetti, è piccolo il bene che possiamo fare, di fronte ai bisogni di questo mondo !
Ma la piccolezza è proprio la capacità di riconoscere quel poco di bene che sappiamo fare e abbiamo nel cuore, mettendolo nelle mani di Dio, così che possa diventare qualcosa di grande, sul quale molti potranno appoggiarsi per farsi forza.
Ho provato a pensare al nascondimento come la capacità di condividere la vita di tutti gli uomini, di stare in mezzo agli altri con lo stile di chi crede più nella forza irradiante del bene che nella indignazione nei confronti del male. Gesù, per trent’anni, rimane nascosto a Nazareth, senza denunciare il male, ma facendo il bene. Per tornare alla parabola della zizzania, potremmo dire: nascosti in questo mondo, preoccupati di far crescere il buon grano più che di cogliere la zizzania, perché solo così faremo fiorire il regno di Dio, che è il regno dell’amore.
Credere alla forza irradiante del bene è cercare di non amplificare il male, di non dargli voce: questo lo fanno già i mass media. Poiché lo scopo del male della zizzania è toglierci la voglia di fare il bene, il male vince, soprattutto, quando ci toglie la voglia di fare il bene.
La zizzania della furbizia ci toglie la voglia di seminare il buon grano dell’onestà, la zizzania della dell’egoismo ci toglie la voglia di seminare il buon grano della generosità, la zizzania della vendetta ci toglie la voglia di seminare il buon grano della misericordia.
Di fronte alle sfide di questo mondo, scegliamo anche noi di essere lievito e granellino di senape.
Scegliamo il tratto della piccolezza e del nascondimento. La piccolezza di chi riconosce che è piccola cosa il bene che facciamo, ma, se messo nelle mani di Dio, può diventare forza per molti. Il nascondimento di chi sta nel mondo, guardando al buon grano più che alla zizzania.

  don Davide

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