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OMELIE ANNO B 2018
 
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II Domenica dopo il martirio di s. Giovanni - Domenica 9 settembre 2018
(Is 63,7-17; Eb 3,1-6; Gv 5,37-47)

don Davide Milanesi

Nel Vangelo, troviamo un Gesù che usa parole molto forti e dure nei confronti dei Giudei: Non avete mai ascoltato la voce del Padre, non avete mai visto il suo volto, la parola di Dio non rimane in voi, non credete in colui che ha mandato, non volete venire a me per avere vita, non avete in voi l’amore d Dio, non cercate la gloria che viene da Dio.
Queste parole di Gesù descrivono i Giudei con un cuore molto duro, un cuore impermeabile.
Ma da dove nascono queste parole molto forti di Gesù nei confronti dei Giudei ?
Nascono dal fatto che Gesù ha guarito un uomo paralitico da 38 anni, ma la guarigione è avvenuta in giorno di sabato. I Giudei, invece di gioire per la guarigione di quest’uomo, cominciano a perseguitare Gesù e, dice il Vangelo, cercavano di ucciderlo.
Di fronte ad un’opera di Dio (la guarigione del paralitico), invece di accoglierla e lasciare andare il cuore alla gioia, lo si indurisce; anzi: il cuore diventa cattivo e vuole uccidere Gesù stesso.
Quando il cuore si indurisce, perde i tratti della compassione, della tenerezza e il linguaggio sputa parole mortali, volgari, dimenticandosi delle parole gentili che esprimono accoglienza e compassione.
I Giudei dal cuore indurito, alla fine, cercano di uccidere Gesù. È la durezza del cuore che porta alla volontà di uccidere. Uccidere qualcuno è la massima espressione del rifiuto; tuttavia, si può rifiutare qualcuno anche attraverso il linguaggio che usiamo.
Il linguaggio del rifiuto non conosce le parole dell’accoglienza. Il cuore indurito non sa accogliere.
Linguaggi non accoglienti portano lontano dalla vita.
È da notare come l’accoglienza di una vita (pensiamo al parto) sia sempre qualcosa di molto doloroso: si accoglie una nuova vita nel dolore, ma quell’accoglienza per una nuova vita porta grande gioia.
L’accoglienza ha un prezzo a volte doloroso, ma è l’unica via per restare sulle vie dalla vita e non andare verso sentieri di morte.
Per questo, Gesù, che è la vita, usa parole molto dure contro i Giudei. I Giudei non accolgono l’opera di Dio e vanno verso una volontà di morte nei confronti di Gesù.
Possiamo fare nostre le parole del profeta Isaia: Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?
Come fare allora perché il nostro cuore non si indurisca e non si esprima con il linguaggio del rifiuto che porta lontano dalla vita ?
Le prime parole del profeta Isaia ci suggeriscono quale sia la via per non indurire il cuore: Voglio ricordare i benefici del Signore, quanto egli ha fatto per noi.
Egli ci trattò secondo la sua misericordia, secondo la grandezza della sua grazia.

Se nel nostro cuore si affollano pensieri tristi, sfiduciati, che alimentano rancore e portano ad indurire il nostro cuore, oggi vogliamo fare la scelta di ricordare i benefici del Signore, vogliamo ricordare come ci ha trattato con misericordia e secondo la grandezza della sua grazia.
Il ricordo dei benefici del Signore è una scelta. Fare memoria del bene ricevuto è innanzitutto un atto della volontà.
Per questo, dimenticare i benefici ricevuti è un peccato, perché è la volontà che non si esercita nel ricordare i benefici ricevuti.
È la memoria dei benefici ricevuti dal Signore che ci permette di custodire un cuore compassionevole, un cuore che porta ad un linguaggio accogliente, così da non percorrere sentieri che portano lontano dalla vita.
Dire poco spesso la parola «grazie» è un peccato e rischiamo di indurire il nostro cuore. Celebrare l’eucarestia alla domenica è un modo per dire grazie al Signore dei benefici ricevuti, è custodire un cuore compassionevole; al contrario, disertare l’Eucarestia rischia di lasciare che il nostro cuore si indurisca.
Nel silenzio della nostra preghiera, facciamo memoria al Signore dei Suoi benefici, così da evitare che il nostro cuore diventi duro e vada lontano dalle vie della vita.

 

  don Davide

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