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OMELIE ANNO B 2018
 
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III domenica di Pasqua - Domenica 15 aprile 2018 (At 16,22-34; Col 1,24-29; Gv 14,1-11)

don Davide Milanesi

Gesù va a prepararci un posto; ma dove? Perché dove è lui saremo anche noi. Per capire dove è Gesù, dove saremo anche noi ci facciamo aiutare dal capitolo 1 di Giovanni: nel prologo si dice: Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il figlio unigenito, che è nel seno del padre, lui lo ha rivelato. Questo essere nel seno del Padre da parte di Gesù più che individuare un luogo dice di una relazione: Gesù lo si trova in questa relazione con il Padre.
C’è poi nel Vangelo di Giovanni un personaggio che ad un certo punto all’ultima cena reclina il capo sul petto di Gesù e questo personaggio è il discepolo amato.
Il discepolo amato rappresenta sia l’evangelista Giovanni sia chi legge il vangelo.
Questo per dire così: come Gesù riposa nel seno, sul petto del Padre e lo rivela, così il discepolo amato che reclina il capo sul petto di Gesù lo rivela attraverso il vangelo scritto oppure ciascuno di noi posando il capo, l’orecchio sul cuore di Gesù nel gesto di ascoltare il cuore stesso di Gesù ovvero il vangelo, lo rivela con la propria vita.
In sintesi per dire che il posto dove andare non è qualcosa di statico ma una relazione: Gesù con il Padre e noi con Gesù.
In questo senso Gesù è la via nel senso di qualcosa che va percorso non qualcosa che sta fermo.
Dio non lo si spiega lo si vive.
Non a caso sempre nel primo capitolo quando i discepoli iniziano a seguire Gesù e Gesù voltatosi gli chiede cosa cercate ? loro rispondono dove dimori ? lui dice venite e vedete cioè costruiamo una relazione camminiamo insieme, percorriamo insieme la via.
Dio non può essere spiegato va vissuto. Va amato.

Una presenza inquietante (da L’ebreo errante di Elie Wiesel)

Il nostro primo incontro fu breve e tempestoso. Ebbe luogo in una piccola sinagoga, dove andavo spesso il venerdì sera ad assistere alla funzione nel corso della quale si accoglie il regno dello shabbàt.
Dopo la preghiera, i fedeli circondarono un vecchio che, con grandi gesti, si mise a spiegar loro la parashà - il passo biblico della settimana.
Improvvisamente, a metà di una frase, mi intravide. Si interruppe: - Chi sei? Gli dissi il mio nome. - Straniero? - Sì. - Profugo? - Sì. - Da dove? - Oh, - dissi - da lontano, da laggiù: Auschwitz. - Osservante? Non risposi. Lui ripeté: - Osservante? Io continuai a non rispondere. Lui fece: - Ah, Capisco.
E proseguì l'interrogatorio senza preoccuparsi del mio imbarazzo: - Studente? - Sì. - Di che cosa? - Mi piacerebbe studiare filosofia. - Perché? - Cerco. - Cosa cerchi? Stavo per correggerlo: «chi» e non «cosa», ma lasciai perdere e risposi: - Non so ancora. Lui non ne rimase convinto. - Cosa cerchi? - Una risposta.
La sua voce si fece tagliente: Una risposta a che cosa? stavo per correggerlo: «a chi» e non «a che cosa», ma cercavo la strada più semplice: - Alle mie domande. Emise una risatina stizzosa - Ma ne hai domande? - Sì. Ne ho. - Dammele, te le renderò. Confuso lo guardai senza capire. - Fammi una domanda - disse con tono conciliante. Silenzio. Il cuore mi batteva forte, mentre stringevo le labbra. - Allora? - disse il vecchio amichevolmente. - Una sola domanda ....
Mi trovavo a un crocevia bisognava fare attenzione, aprire gli occhi, mantenere il silenzio, evitare di avventurarsi su un sentiero che non sarebbe stato il mio.
- Ti decidi? - mi domandò con l'occhio cattivo. - Aprirai finalmente la bocca? Con difficoltà, prudentemente, per farla finita, riuscii ad interrogarlo su un passo qualunque della Bibbia. Domanda troppo facile per i suoi gusti. Ne pretese un'altra. Ancora troppo facile. Un' altra. Con la faccia congestionata mi spinse a continuare: - Mi prendi in giro? Su, lanciati, corri fino in fondo, fino all'oscurità, fino agli abissi del tuo cuore e dimmi ciò che ti sfugge ciò che ti sconcerta.
Al decimo o dodicesimo tentativo si dichiarò più o meno soddisfatto. Chiuse gli occhi e si lanciò in una spiegazione la cui acutezza e il cui rigore mi sbalordirono. - E' bello - gli dissi quando ebbe finito. Ero emozionato e avrei voluto stringergli la mano. E dirgli «Voi mi turbate, io vi seguirò». Ma improvvisamente cambiò espressione e io non osai muovermi. Il suo volto gonfio si fece di porpora, indignato. Si avvicinò mi afferrò per le spalle, mi scosse violentemente e si mise a urlare con disprezzo: - E' questo tutto ciò che trovi da dire? Che è bello? Imbecille, quand'è che capirai che una bella risposta non è nulla? L'uomo si definisce per ciò che lo inquieta e non per ciò che lo rassicura. Quand'è che capirai che vivevi e cercavi nell'errore, perché Dio significa movimento, relazione e non spiegazione?

  don Davide

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