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OMELIE ANNO B 2020-21
 
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IIIa Domenica del tempo di Pasqua - Domenica 18 aprile 2021
( At 16,22-34; Col 1,24-29; Gv 14,1-11)

don Davide Milanesi

Vorrei attirare l’attenzione sulla prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli.
In modo particolare, sulla figura del carceriere. Questi, dopo il terremoto, si sveglia durante la notte e, vedendo tutte le porte della prigione aperte, estrae la spada e fa per uccidersi.
A questo punto, Paolo gli grida: “non farti del male!”
Il carceriere risponde con una domanda: “Cosa devo fare per essere salvato?”
Paolo lo invita a credere. Una fede che nascerà dall’ascolto della parola di Dio, proclamata da Paolo. Ma, soprattutto, dopo aver creduto ed essersi fatto battezzare il testo conclude: “fu pieno di gioia per aver creduto in Dio”.
Cosa può dire il percorso del carceriere alle nostre vite ,oggi?
Innanzitutto, che il punto di partenza per il cammino di fede è l’umiltà nel riconoscere che, a volte, ci facciamo del male e, dunque, abbiamo bisogno che qualcuno ci salvi.
Se non abbiamo l’umiltà di riconoscere che, con le nostre decisioni, le nostre scelte, ci facciamo del male, non avvertiremo mai il bisogno di essere salvati e, quindi, difficilmente, partirà un percorso di fede. Fin tanto che viviamo nell’illusione di bastare ai noi stessi, difficilmente saremo in grado di iniziare un serio cammino di fede. Il punto di partenza è, infatti, accogliere il grido di un Paolo che ci dice “Non farti del male”.
Cos’è questa spada che estraiamo e che potrebbe portarci a farci del male, fino a morire?
Ho provato a pensare che questa spada è un modo di rileggere la vita, di guardare alla vita che può farci male.
Spesso, noi guardiamo alla vita, dividendola in momenti belli e momenti brutti, in momenti piacevoli e momenti spiacevoli; e, fin qui, niente di sbagliato.
Se noi, però, esprimiamo gratitudine solo per i momenti piacevoli, può succedere che i momenti spiacevoli, prima o poi, faranno sentire la loro voce in termini di rabbia o rancore, fino ad indurire il nostro cuore.
Sappiamo come il mistero del male faccia risuonare la sua voce dentro il nostro cuore in un modo più assordante: infatti, è sempre vero il detto “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.”
Questa modalità di esprimere gratitudine solo per i momenti belli, alla fine, lascerà spazio alla voce della rabbia e del rancore per i momenti negativi, fino ad indurire il nostro cuore e renderci scontenti della vita.
Come fare, allora?
Dovremmo imparare da Gesù, che abbraccia la propria croce e la trasforma in amore che porta alla vita. I momenti dolorosi della vita, se abbracciati, possono essere trasformati.
Abbracciare anche i momenti dolorosi della vita vuol dire riuscire ad esprimere gratitudine per quanto questi momenti ci hanno insegnato sulla vita, per quanto abbiamo imparato da questi momenti poco piacevoli che la vita ci ha offerto.
Solo così, potremo mettere a tacere la voce della rabbia e del rancore che, da questi momenti, può farsi sentire.
Vivere la Pasqua di Gesù è saper abbracciare, nella nostra vita, anche i momenti spiacevoli dove abbracciare è riscoprire ad esprimere gratitudine anche per i nostri vissuti meno gradevoli.
La gratitudine per ogni momento della vita è un invito a non estrarre la spada, è un invito a riconoscere che, nei momenti spiacevoli della vita, la via della croce che ci può portare a una vita nuova. Questa è la nostra Pasqua.
Chiediamo al Signore il dono della gratitudine per tutto ciò che è successo nella nostra vita, non solo per i momenti belli, ma per tutto ciò che è capitato e ci ha portato fino ad oggi.
Questo è un modo per rimettere la spada nel fodero e raccogliere il grido di Paolo: Non farti del male!

  don Davide

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