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OMELIE ANNO B 2020-21
 
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IVa Domenica di Quaresima - Domenica 14 marzo 2021
( Es 33,7-11; 1Ts 4,1b-12; Gv 9,1-38b)

don Davide Milanesi

In questa Quaresima, in cui stiamo chiedendo un cuore nuovo per celebrare una Pasqua nuova, vediamo a quale novità del cuore ci invita questa pagina di Vangelo.
Vorrei soffermarmi su ciò che dà inizio al segno della guarigione del cieco nato, cioè, la domanda posta dai discepoliRabbi chi ha peccato lui o i suoi genitori perché nascesse cieco?
Una domanda, che si radica nella convinzione del tempo: l’infermità fisica, la malattia, sono conseguenza di un peccato commesso dal soggetto infermo o dai suoi genitori. La malattia veniva vista come il castigo di Dio per una colpa commessa.
Interessantissima la risposta di Gesù né lui, né i suoi genitori, ma è così perché siano manifestate le opere di Dio. Gesù sta dicendo che, di fronte a certe situazioni, non val la pena sprecare il fiato per andare a vedere di chi è la colpa, chi sono i responsabili ma, in certe condizioni, dobbiamo chiederci, piuttosto, come compiere le opere di Dio.
Tant’è vero che Gesù, subito dopo, dice: “Di giorno si agisce e di notte non si può agire. Io sono la luce del mondo”. Cioè: se io sono con voi, essendo la luce, è giorno e si può agire.
Come se Gesù dicesse: se continuiamo a chiederci e parlare per trovare il colpevole, noi sprechiamo le parole, ma non facciamo niente, non agiamo; quindi, è come se fosse notte. Se, invece, lasciamo cadere la domanda di chi sia la colpa e ci mettiamo nell’ottica di compiere le opere di Dio, in ogni situazione, cioè, agiamo, allora è giorno (e la luce del giorno è Gesù), testimoniando così che Gesù è con noi.
Interessante vedere che, dopo la guarigione del cieco, mentre costui inizia a vedere, in realtà, cala la notte: tutti parlano e non fanno niente, si chiedono se Gesù sia un peccatore o se davvero venga da Dio. C’è un continuo parlare che non li fa agire: per questo, è calata la notte.
Riconoscendo Gesù responsabile della guarigione, si chiedono se sia un peccatore o se venga da Dio, ma non si chiedono cosa quella guarigione stia chiedendo alla loro vita.
Molto bello invece che il cieco, alla, fine dica: che sia un peccatore non lo so, una cosa io so: ero cieco ora ci vedo. Quasi a dire: non continuate a farvi delle domande inutili, piuttosto, chiedetevi cosa questo segno stia chiedendo alla vostra vita.
C’è un parlare, un voler capire che, talvolta, diventa una forma di difesa, nel venire alla fede. Non vuol dire che bisogna sospendere l’intelligenza per credere, ma usare l’intelligenza per comprendere quali siano le domande inutili e quelle invece necessarie perché il nostro cuore si muova alla fede.
Alla fine, il cieco, che non si chiede se Gesù sia un peccatore o no, crede in Gesù.
L’opera di Dio, che si è manifestata nel cieco, non è stata solo la guarigione dalla sua cecità, ma il suo venire alla fede.
Una fede che si è manifestata nel suo obbedire alla parola di Gesù nell’andare alla piscina di Siloe a lavarsi.
Una fede che diventa sempre più consapevole, finché, alla fine, Gesù gli rivela di essere il Figlio dell’Uomo.
Se l’opera di Dio è il dono della fede, perché quest’opera accada, dobbiamo farci le domande giuste; ci sono domande che non portano a niente, ma sono solo una difesa, sono solo un modo raffinato per non mettere la nostra vita nelle mani di Dio, quelle mani che il cieco ha lasciato che gli spalmassero il fango sugli occhi, per poi obbedire alla Parola di Gesù– è il caso di dirlo – ciecamente, andando a lavarsi alla piscina di Siloe.
Chiediamo al Signore di allontanare dal nostro cuore le domande inutili, quelle che ostacolano la nostra fede, per lasciare che le Sue mani e la Sua parola ci donino un cuore nuovo per celebrare una Pasqua nuova.

  don Davide

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