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OMELIE ANNO B 2020-21
 
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Festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista - Domenica 27 dicembre 2020
( 1Gv 1,1-10; Rm 10,8c-15; Gv 21,19c-24 )

don Davide Milanesi

Questa pagina di Vangelo ha un obiettivo: quello di farci amare di più la Chiesa e accendere il desiderio di leggere un po’ di più il Vangelo.
Proviamo ad entrare nel Vangelo letto, che si trova alla conclusione del Vangelo di Giovanni, al termine del capitolo 21. Il capitolo 21 di Giovanni è come una calamita, che attira a sé tutti gli altri capitoli. In questo capitolo troviamo, infatti, che, dopo la pesca miracolosa, dopo che Gesù per ben tre volte chiede a Pietro se gli vuole bene e lo invita a pascere il gregge di Dio, Pietro, guardando il discepolo che Gesù amava, gli chiede di lui, della sua sorte e la risposa di Gesù è Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi.
Risposta che lascia spazio a qualche fraintendimento. Perché dà adito al pensare che quel discepolo non avrebbe incontrato la morte. Per questo, l’evangelista dovrà precisare il significato delle parole di Gesù, con l’inciso Gesù non gli aveva detto che non sarebbe morto ma “Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?”
Ma la cosa strana è, però, perché, alla domanda di Pietro che domanda che ne sarà del discepolo amato, Gesù apre il discorso sul rimanere?
Avrebbe potuto svelare cosa avrebbe fatto nella vita, avrebbe potuto semplicemente dirgli “fatti i fatti tuoi”, invece, Gesù apre il discorso sul rimanere o meno, del discepolo che egli amava.
Nel Vangelo di Giovanni, il verbo rimanere è uno dei verbi fondamentali.
Al capitolo 1, c’è la domanda del Discepoli: Maestro, dove abiti? Maestro, dove rimani?
La risposta di Gesù è: vieni e vedi. Da lì, parte tutto il Vangelo.
In realtà, l’evangelista aveva già svelato dove abitava Gesù, dove rimaneva Gesù.
Lo ha svelato nel Prologo, quando dice che Dio nessuno lo ha mai visto, ma il figlio primogenito, che sta nel seno del padre, che abita sul petto del Padre lo ha rivelato.
C’è un altro che sta sul petto, non del Padre, ma di Gesù, ed è il discepolo amato.
Infatti, questa pagina identifica il discepolo amato nell’atto di chinare il capo sul petto di Gesù.
Pertanto, come Gesù, che sta nel petto del padre, rivela il volto di Dio, così, il discepolo amato, che sta sul petto di Gesù, rivela il volto di Gesù.
Da qui, si impone la domanda: ma chi è il discepolo amato?
Alcuni, vedono in lui l’evangelista e, dunque, potremmo dire che ciò che rimane è il suo Vangelo: cioè, il discepolo amato rimane, attraverso il Vangelo da lui scritto, finche Gesù venga.
Di fatto, il Vangelo si conclude con un inciso sul fatto che il discepolo che testimonia queste cose le ha scritte.
Dunque, ciò che rimane è il Vangelo, è questo scritto.
Tuttavia, entrando e conoscendo il Vangelo di Giovanni, comprendiamo che questa figura del discepolo amato non è solo colui che scrive il Vangelo, ma anche colui che legge il Vangelo, quindi, il discepolo amato rappresenta la Chiesa.
La Chiesa nell’atto di leggere il Vangelo è il discepolo amato, cioè ciascuno di noi.
La Chiesa dovrebbe essere raffigurata dal gesto del discepolo amato: posare l’orecchio sul cuore di Gesù.
Anche qui, possiamo dire che la Chiesa, il popolo dei discepoli amati che leggono il Vangelo rimane finche Gesù venga.
In conclusione, il discepolo amato che rimane è sia la Chiesa che il Vangelo.
Ciò che rimane, finché Gesù venga, è la Chiesa e il Vangelo.
E, del resto, sono la Chiesa e il Vangelo a rivelarci il volto di Gesù, cioè la Chiesa e il Vangelo ci aiutano a rispondere alla domanda: Maestro, dove abiti?
Spero che ci sia venuto un po’ più il desiderio di amare e fare più bella la Chiesa e si sia acceso dentro di noi un po’ di più il desiderio di leggere il Vangelo di Giovanni.

  don Davide

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