|
Mentre leggevo questa pagina dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, mi dicevo: “ma che traffico per far entrare Gesù a Gerusalemme!”. I due discepoli devono andare a prendere il puledro, devono slegarlo, devono spiegare perché lo slegano, poi si stende il mantello sul puledro, si stendono i mantelli e alcuni tagliano delle fronde, si canta. Insomma: un ingresso che genera un traffico incredibile! Non poteva entrare in silenzio. Tra l’altro, Gesù entra a Gerusalemme: entra nel tempio, guarda, e poi esce per andare a Betania. Questo ingresso di Gesù a Gerusalemme è un ingresso che chiede alla gente di scomodarsi, di togliersi le loro protezioni (i mantelli), di slegare un puledro. Questa pagina di Vangelo, letta nell’imminenza del Natale, ci chiede quanto siamo disposti a scomodarci per accogliere Gesù che viene. Ho provato a pensare che, se Gerusalemme rappresenta la nostra vita e Gesù entra a Gerusalemme, allora, Gesù entra nella nostra vita e va a guardare il nostro tempio, quindi, il nostro rapporto con Dio. Ma questo ingresso di Gesù chiede di scomodarci, di toglierci il mantello. Se il mantello rappresenta le nostre protezioni, allora potrebbe evocare i nostri programmi, che proteggono ciò di cui più prezioso abbiamo: il nostro tempo. Ecco: la venuta di Gesù ci chiede di scomodare i nostri programmi, di slegarli, di scioglierli, per fare spazio al Signore che viene. La pagina dell’ingresso a Gerusalemme di Gesù sembra suggerirci che il criterio della comodità noi sia quello giusto per vivere questo Natale. Se le normative legate all’emergenza Covid possono infastidirci, questa pagina di vangelo è qui a ricordarci che, forse, dobbiamo lasciarci infastidire, scomodare da colui per cui si festeggia il Natale: Gesù. Questa pagina di Vangelo si rivolge a noi con una domanda: quanto sono disposto a scomodarmi per lascare entrare Gesù nella mia vita? Sciogliamo i nostri programmi e stendiamoli ai piedi di Gesù, affinché possa arrivare al tempio della nostra vita.
|