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OMELIE ANNO B 2020-21
 
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I Domenica di Avvento - Domenica 15 novembre 2020
( Is 24,16b-23; 1Cor 15,22-28; Mc 13,1-27 )

don Davide Milanesi

Il tempo dell’Avvento vuole aiutarci a riscoprire il valore dell’attesa come un desiderio che guida la nostra vita.
Nel tempo del “tutto e subito”, l’Avvento viene per ricordarci che l’attesa custodisce un desiderio per ciò che ci manca (e noi sappiamo come ciò che ci manca ci fa vivere, ci mette in movimento).
Ma l’attesa di cosa o, meglio: di chi?
L’Avvento viene per risvegliare in noi il desiderio di incontrare Gesù, che ha diverse sfaccettature temporali.
Innanzitutto, l’attesa della festa del Natale, nella quale ricordiamo la nascita di Gesù: Dio entra nella storia, attraverso la vicenda di Gesù di Nazareth.
Abbiamo, inoltre, un'altra sfaccettatura di questa attesa: l’attesa di incontrare, nel nostro quotidiano il Signore Gesù e di risvegliare, nel nostro presente, il desiderio di accogliere Gesù, che viene nel nostro quotidiano.
Infine, l’attesa dell’incontro definitivo con Gesù, nell’ultimo giorno della nostra vita, quando la raccoglierà, per custodirla in eterno.
Se questa attesa ha diverse sfaccettature temporali, perché si attende, si desidera incontrare Gesù?
Gesù è entrato nella nostra storia, entra nel nostro quotidiano ed entrerà, nell’ultimo giorno, per ricordarci che siamo figli di Dio, per aiutarci a riscoprire che siamo figli.
Se c’è una cosa che ci accomuna, dentro i ruoli che ciascuno di noi oggi vive, è che tutti noi siamo stati e siamo figli di qualcuno. La figliolanza racconta una dipendenza: la nostra vita è derivata da altri; la figliolanza attesta, cioè, che siamo legati a qualcuno. Riscoprire il nostro essere figli di Dio significa, quindi, sentirci meno soli: equivale ad allontanare da noi ogni sensazione di abbandono.
C’è un salmo molto bello che dice “mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma Dio mi ha raccolto”: c’è un legame con Dio che non verrà mai meno; per questo, noi non saremo mai abbandonati da Dio. Dio entra nella storia, per farci vivere da figli di Dio. In questo tempo dell’Avvento, come possiamo riscoprire cosa vuol dire vivere da figli di Dio?
Basta guardare a Gesù, a come ha vissuto Gesù, il figlio di Dio: quale Gesù emerge dalla pagina di Vangelo?
Un Gesù che descrive, con franchezza, la situazione di tribolazione, di dolore che bisognerà attraversare; tuttavia, riesce ad illuminare di speranza questa descrizione così dura.
Parlando di tribolazioni, di distruzioni, di guerre, Gesù dice “alla fine vedranno il figlio dell’uomo venire sulle nubi, il Vangelo sarà proclamato a tutte le nazioni”.
Il Figlio di Dio è Colui che non condanna, cioè, non chiude il libro della vita nel dolore e nella sconfitta, bensì, lascia intravedere un finale di luce, di vittoria.
Gesù è capace di accendere la speranza e la speranza è ciò che dà la forza di perseverare (e chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato – dice il Signore –), ma, per perseverare, dobbiamo avere nel cuore una speranza.
Una speranza che non sia l’ottimismo superficiale di chi dice “tutto passerà”, ma di chi, partendo dalla propria storia, dice “Ho già attraversato momento tribolati, dai quali, grazie alla fede, sono venuto fuori”. Si tratta, soprattutto, di una speranza che nasce dalla storia di Gesù, che nemmeno la morte ha saputo tenere incatenato nel sepolcro.
Il Verbo entra nella storia, per farci vivere da figli di Dio e i figli di Dio sono coloro che portano, nel mondo, un messaggio di speranza: a questo siamo chiamati!

  don Davide

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