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OMELIE ANNO B 2018
 
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I Domenica dopo la Dedicazione della Chiesa Cattedrale   - Domenica 28 ottobre 2018
(At 8,26-39; 1Tm 2,1-5; Mc 16,14b-20)

don Davide Milanesi

In un momento di silenzio, Giovanni cominciò a pensare alla sua vita e, quasi proiettando un film attraverso i suoi pensieri, si accorse di come la sua vita fosse caratterizzata dalla tavola. Anzi: da molte tavole.
La tavola diventava allora l’immagine sintetica, capace di raccontare la sua vita.
Innanzitutto, la tavola della sua famiglia: segno di una certa serenità di fondo, che sosteneva la sua vita. Una serenità e allegria che si intravedevano, quando papà era in forma e cominciava raccontare della sua giovinezza, perché spesso si scoppiava a ridere, prendendolo in giro per degli usi e costumi del suo tempo ormai in disuso tra i giovani di oggi dicendo: “papà, sei di un'altra epoca”. Era sempre a quella tavola di casa che, qualche volta, nascevano discussioni e si dava spazio a qualche tensione e conflitto, che poi la mamma doveva appianare, con pazienza e calma. Comunque, alla tavola di casa, quando la mamma preparava la pastiera napoletana e papà stappava una buona bottiglia di vino, i cuori di tutti si incontravano in una sorta di armonia e complicità, che ridava gusto e serenità alla vita.
La tavola di casa, per Giovanni, era quella della serenità, nonostante fosse, talvolta, attraversata da qualche tensione inevitabile, segno di una vita che cresce e matura.
C’era, poi, la tavola degli amici: quella della birreria di Jerry, frequentata soprattutto al sabato sera, dove, davanti ad una bella birra, si cercava di ammazzare il tempo con qualche battuta sul più ingenuo della compagnia. Dove, mentre qualcuno parlava, qualcun altro non riusciva a staccare gli occhi dallo smartphone per curiosare cosa ci fosse scritto sulla bacheca di Aldo, lo stupido del paese, e trovare, così, altri motivi per ridere. A volte, Giovanni si alzava da quella tavola con un senso di vuoto, di chi, pur non avendo fatto nulla di male, non aveva nemmeno combinato qualcosa di buono nella vita: per questo, cercava di stare il più possibile seduto attorno a quella tavola, bevendo alcool, per anestetizzare la noia e il vuoto, che, a volte, come una morsa, prendevano la sua vita.
La tavola degli amici alla birreria di Jerry non era la tavola dei sogni, bensì la tavola dove si cercava di ammazzare la noia.
Infine, c’era ancora un'altra tavola, alla quale Giovanni non andava con grande voglia (andava, più che altro, per compiacere la mamma e per non deludere la nonna): era la tavola dell’Eucaristia. Abitualmente, andava a Messa un pelino in ritardo, cercando i posti in fondo, dietro la colonna, e, se riusciva a sedersi vicino ad un suo amico, qualche chiacchieratina su come era andato il sabato sera ci scappava, così la noia dell’omelia e di gesti e parole sempre uguali si sopportava meglio. Quella domenica di ottobre, non si sa il perché, arrivò in chiesa puntuale; per ammazzare il tempo, memore degli insegnamenti ricevuti da chierichetto di prepararsi alla Messa leggendo il Vangelo scritto sul foglietto, cominciò a leggere il Vangelo: Gesù apparve agli undici mentre erano a tavola…. andate in tutto il mondo e predicate. Gesù, con la sua Parola, veniva a scomodare gli undici seduti a tavola per mandarli in tutto il mondo a portare la buona notizia.
Anche Giovanni si lasciò scomodare dalla Parola di Gesù (“Andate”): si alzò dalla tavola della serenità di casa sua, si alzò dalla tavola degli amici, con grande libertà, senza guardare cosa facevano gli altri e andò a predicare dappertutto la buona notizia del Vangelo.
Cominciò a frequentare i percorsi “Giovani e missione” al Pime, facendo un viaggio missionario durante l’estate, fino a diventare un padre del PIME.
Ora, in Africa, ha trovato altre tavole a cui sedersi: sono le tavole dei poveri, meno imbandite di quella di casa sua, senza birra, ma a quelle tavole ha trovato la stessa serenità e allegria di casa sua; a quelle tavole non si ammazza il tempo e la noia con una birra, perché, a quelle tavole, si sogna come migliorare la vita.
A queste nuove tavole, Giovanni porta una parola di speranza con la sua stessa vita e la sua vita ha trovato un senso: è una vita piena, realizzata. Giovanni è contento.
La ragione di tutto questo arriva da quella tavola, che aveva frequentato, per molti anni, solo per compiacere la mamma e non deludere la nonna: la tavola dell’Eucarestia. A questa tavola, ora, Giovanni spezza il Pane e lo mette nelle mani di molta gente, con la fiducia di chi sa che quel Pane sosterrà il cammino della vita di quelle persone.
Alla tavola dell’Eucarestia, Giovanni racconta e annuncia una speranza che sostiene la sua vita e quella di molti altri, perché, a quella tavola, in molti scoprono di sentirsi amati da Dio.
È la tavola dell’Eucarestia che viene sempre a scomodarlo da altre tavole, per alzarsi e andare alle tavole dei poveri, dove trovare serenità e costruire sogni necessari nel cammino della vita.
Lasciamoci scomodare anche noi, come Giovanni, dalla Parola di Gesù “Andate”: proviamo, ogni tanto, ad alzarci dalle nostre tavole imbandite, serene e - a volte - vissute per ammazzare la noia, per sederci alla tavola dei poveri.
 

  don Davide

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