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OMELIE ANNO B 2018
 
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III Domenica dopo il martirio di s. Giovanni  - Domenica 16 settembre 2018
(Is 32,15-20; Rm 5,5b-11; Gv 3,1-13)

don Davide Milanesi

“ Mi sono fatto prete perché mi piace passare con la gente tutti i momenti, quelli tristi come quelli allegri.
In una giornata puoi fare un battesimo, un servizio funebre, vedi una famiglia che ha avuto un certo problema, stai con i bambini, con i ragazzi, fai molte cose, e arrivi a sera pieno di una montagna di esperienze, di grida, di gemiti, di gioie e di tristezze.
E che cosa ti insegna tutto questo dal punto di vista umano e spirituale ?
Ti insegna a mettere tutto nelle mani di Dio perché tu non sei redentore di niente, al massimo accompagni e in qualche modo fai presente Gesù in quella situazione di sofferenza o di gioia.
È questo che ti può far stare bene, contento, allegro, di buon umore e senza volerti sottrarre.
E così dire messa non diventa mai un’abitudine.
Com’è triste il prete che consacra soltanto l’eucaristia e non l’esistenza !
Sono consacrato per consacrare la vita, la realtà, la quotidianità. È la cosa più grande.
Essere prete è un modo di stare nella vita, un modo di esistere, e ci si trova la felicità.
Sono felice di questa vocazione, succeda quel che succeda.


Padre Facundo Berretta Cura villeros a Buenos Aires

In questa giornata per il Seminario concedetemi di dire una parola sul seminario e sulla figura del prete.
Per questo sono partito da questa citazione sull’essere prete, nella quale mi ritrovo, scritta da un prete che vive il suo ministro nella miseria di Buenos Aires.
Parlare del Seminario è parlare di quel percorso formativo che ha come punto di arrivo l’ordinazione presbiterale di un giovane (o meno giovane) e come punto di partenza un giovane che ha intuito nel ministero ordinato - nel farsi prete - la possibilità di trovare la felicità della propria vita.
Il lavoro che il seminario compie è quello custodire e coltivare questa intuizione presente nel giovane che bussa alla porta del seminario.
Il seminario, con la sua proposta formativa, cerca di educare le umanità dei giovani che si presentano attraverso la vita comunitaria, la vita di preghiera, lo studio della teologia, le esperienze pastorali che nei sei anni di seminario un giovane vive.
Il Vangelo ascoltato può aiutarci a cogliere qualcosa del percorso formativo del seminario.
Nel del dialogo tra Gesù e Nicodemo, Cristo parla di questo nascere dall’alto e spiega a Nicodemo che questo nascere dall’alto è nascere dallo Spirito.
Come ci ha ricordato Isaia nella prima lettura: In noi sarà infuso uno spirito dall’alto.
Nascere dall’alto come nascere dallo Spirito è certamente un essere guidati dallo Spirito di Gesù, chi è guidato dallo Spirito diventa uomo di comunione. Lo Spirito crea comunione e uomini guidati dallo Spirito sono uomini di comunione.
Un giovane che diventa prete, come ogni cristiano, è chiamato a lasciarsi guidare dallo Spirito di Gesù e creare comunione: il prete crea comunione ripetendo le parole e i gesti di Gesù nell’Eucarestia e nel sacramento della Penitenza.
Le parole e i gesti di Gesù che un prete ripete sono quelli che vive nell’Eucarestia.
Il pane spezzato e il vino versato, fonte di comunione di una comunità, plasmano la vita di un prete affinché sia un uomo di comunione con le sue parole e gesti. Noi sperimentiamo come nella comunione si trova la felicità; così, in tutto questo, un prete trova la gioia della sua vita. Anche nell’offrire il perdono di Dio, un prete diventa uomo di comunione; se ci pensiamo bene, quante volte il perdono ha ristabilito la comunione tra le persone !
Qualche dato: attualmente in seminario ci sono circa 130 giovani distribuiti su 7 anni ( corso P 7; 1 Th 17; 2Th 29; 3 Th 18; 4Th 14; 5Th 22; 6 Th 15; TP 5), per una media poco inferiore di 20 preti all’anno. L’età media è di 26 anni.
Quando un giovane intuisce che può trovare la felicità vivendo da prete, il seminario non fa altro che accogliere questa intuizione per custodirla e coltivarla.
Una volta diventato prete, questo giovane è chiamato a ripetere i gesti e le parole di Gesù, affinché la comunione tra le persone a lui affidate sia sempre più forte.
La ripetizione delle parole e dei gesti compiuti da Gesù plasma tutta la sua vita, così che il sacerdote non consacra solo l’Eucarestia, bensì, tutta la vita, affinché come abbiamo ascoltato da padre Facundo:

È triste il prete che consacra soltanto l’Eucaristia e non l’esistenza!
Sono consacrato per consacrare la vita, la realtà, la quotidianità. È la cosa più grande.
Essere prete è un modo di stare nella vita, un modo di esistere, e ci si trova la felicità.
Sono felice di questa vocazione, succeda quel che succeda.


Detto questo, non ci resta che pregare, cosicché molti giovani possano intuire che, in una vita che ripete i gesti di Gesù, è possibile trovare la propria felicità, perché è una vita che crea comunione.
Sulle panche, potete trovare e prendere l’immaginetta con la preghiera per le vocazioni.
 

  don Davide

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