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OMELIE ANNO B 2018
 
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IX domenica dopo Pentecoste  - Domenica 22 luglio 2018 (2Sam 6,12b-22; 1Cor 1,25-31; Mc 8,34-38)

don Davide Milanesi

Oggi, più che una riflessione, vorrei che ci lasciassimo provocare da un’immagine.
L’immagine viene da questo Davide che danza davanti all’arca di Dio.
Vorrei soffermarmi sull’immagine della danza, quale modo di stare davanti a Dio.
Sembra che il testo ci suggerisca che questa danza di Davide sia espressione di una gioia incontenibile: infatti, la lettura inizia dicendo che “Davide fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla città di Davide, con gioia”.
Insomma: Davide, davanti all'arca, davanti al Signore, ha dentro di sé una gioia davvero incontenibile, tanto che non riesce a trattenerla e la esprime attraverso la danza, incurante di quanto gli altri possano dire e pensare.
Penso che l’immagine della danza traduca meglio di altre la nostra relazione con Dio: racconta meglio il vissuto della fede. La fede è una danza più che un cammino: l’idea del cammino ci fa guardare alla fede come un continuo progredire verso una meta, quasi si tratti di un continuo miglioramento, una ascesa verso la perfezione; noi, però, sappiamo bene come la nostra fede conosca passi indietro, cadute, passi di fianco: tutti movimenti che sono più tipici di una danza che di un cammino.
Possiamo chiederci: ma quando uno danza, cosa fa ?
Possiamo guardare alla danza come una risposta a tre comandi, un obbedire a tre inviti: sciogli le mani, muovi i piedi e segui la musica.
Sciogli le mani. Quando si danza non si deve tenere le mani attorno a sé o rigidamente attaccate al proprio corpo, ma si devono lasciare andare, liberarle, quasi che vadano alla ricerca di altre mani; spesso, infatti, nella danza ci si prende per mano. Sciogliere le mani, allora, è andare alla ricerca dei propri fratelli, è custodirli: la fede è costruire, coltivare rapporti con gli altri, anzi, potremmo dire che la fede ci fa cercare Dio nei nostri fratelli.
Muovi i piedi. Non restare fermo, non essere rigido, va’ avanti. Dove, non si sa: nella danza, non c’è una meta dove arrivare, si muovono i piedi verso l’ignoto. È come se ci si muovesse verso qualcosa di misterioso: appunto, verso il mistero di Dio. Non si danza, andando verso un luogo prefissato. Noi sappiamo come, nella danza, i piedi si muovano a volte in avanti, a volte si scivola di fianco e a volte bisogna tornare indietro; qualche volta, poi, questi piedi inciampano e ci fanno conoscere i vari casqué della nostra vita.
Muovere i piedi è custodire il mistero di Dio, è cercare Dio, è muoversi per cercare Dio.
Segui la musica. Il mistero di Dio verso cui muoverci non è rimasto in silenzio, non è rimasto nell'ombra, ma si è rivelato, ha fatto risuonare il proprio nome: Gesù di Nazareth. Gesù è la musica di Dio che siamo chiamati a seguire.
Chiediamo al Signore che anche la nostra fede diventi una danza davanti al nostro Dio, come quella del re Davide.
Concludo con l’immagine della danza usata da Madeleine Delbrȇl, in questa preghiera chiamata: il ballo dell’obbedienza.

È Festa. Tutti si apprestano a danzare.
Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza. […]
Ed io penso al re David che danzava davanti all’Arca.
Perché se ci sono molti santi che non amano danzare,
ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare,
tanto erano felici di vivere:
Santa Teresa con le sue nacchere,
san Giovanni della croce con un bambino Gesù tra le braccia.
E san Francesco, davanti al papa.
Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere
a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo,
e indovineremmo facilmente quale danza ti piace farci danzare
facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato.
Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza
della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero,
di conoscerti con aria da professore,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.
Un giorno in cui avevi un po’ voglia d’altro
hai inventato san Francesco,
e ne hai fatto il tuo giullare.
Lascia che noi inventiamo qualcosa
per essere gente allegra che danza la propria vita con te.
Per essere un buon danzatore, con te come con tutti,
non occorre sapere dove la danza conduce.
Basta seguire, essere gioioso, essere leggero
e soprattutto non essere rigido.
Non occorre chiederti spiegazioni
Sui passi che ti piace segnare. […]
Non bisogna voler avanzare a tutti i costi,
ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco.
Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare.
Ma non sarebbero che passi da stupidi
Se la musica non ne facesse un’armonia.
Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito,
e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica:
dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza,
Che la tua Santa Volontà
È di un’inconcepibile fantasia,
e che non c’è monotonia e noia.
Signore vieni ad invitarci.
Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare,
questi conti, il pranzo da preparare, questa vegli in cui avremo sonno.
Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro,
Quella del caldo, e quella del freddo, più tardi.
Se certe melodie sono spesso in minore, non ti diremo che sono tristi
Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo che sono logoranti
E se qualcuno per strada ci urta, gli sorrideremo:
anche questo è danza.
Signore, […] Facci vivere la nostra vita,
Non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato,
non come una partita dove tutto è difficile
non come un teorema che ci rompa il capo,
ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella,
come un ballo,
come una danza,
fra le braccia della tua grazia,
nella musica che riempie l’universo d’amore.
Signore, vieni ad invitarci.

  don Davide

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