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 Programma pastorale 2011

Post scriptum

 

 

 

Vogliamo confermare l’impegno di mettere Gesù Cristo al centro della nostra fede e della nostra testimonianza (di cui parla il nostro progetto pastorale) con alcuni brani stralciati dall’omelia pronunciata in Duomo dal card. Angelo Scola, nostro nuovo vescovo, il 25 settembre 2011, giorno del suo ingresso.



Gesù Cristo crocifisso e risorto. Egli è il Vivente, l’Amato. In Lui ha preso forma definitiva l’alleanza di Dio con gli uomini. Gesù, della stirpe di Davide, è il regno già in atto. Un regno di piena libertà per tutti gli uomini. Egli ci addita «la città futura e, in tal modo, è il profeta che ogni giorno schiude all’umanità una «speranza affidabile» (Benedetto XVI, Spe salvi 1). Egli è il sommo ed eterno sacerdote, definitiva via di accesso a Dio per ogni uomo.

 

Imitare la fede dei nostri santi pastori ci domanda di accogliere l’annuncio che la Chiesa da duemila anni non si stanca di proporre: saggio è l’uomo che «costruisce la sua casa sulla roccia» (cf. Vangelo, Mt 7,24), cioè su Gesù Cristo vivente. Contro questa casa nulla possono le potenze del male, in ogni sua forma.

 

Giovanni Battista Montini scriveva già nel 1934, ben prima di diventare vescovo: «Cristo è un ignoto, un dimenticato, un assente in gran parte della cultura contemporanea». Nel giovane Montini era ben chiara una convinzione: un cristianesimo che non investa tutte le forme di vita quotidiana degli uomini, cioè che non diventi cultura, non è più in grado di comunicarsi. Da qui il processo che avrebbe portato inesorabilmente alla separazione tra la fede e la vita cui il magistero di Paolo VI fece spesso riferimento (cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi 22), e avrebbe condotto al massiccio abbandono della pratica cristiana con grave detrimento per la vita personale e comunitaria della Chiesa e della società civile.

Nei vent’anni del mio ministero episcopale, ho avuto dolorosa e crescente conferma dell’attualità di questa diagnosi, soprattutto per gli uomini e le donne delle generazioni intermedie. Essi sembrano sopraffatti dal “mestiere di vivere”. Normalmente non sono contrari al senso cristiano dell’esistenza, ma non riescono a vederne la convenienza per la vita quotidiana loro e dei loro cari.

 

Gesù stesso poté dire ai due discepoli del Battista che gli chiedevano di diventare suoi familiari «Venite e vedrete» (cf. Gv 1,39), perché con la Sua missione andava verso l’uomo concreto, per condividerne in tutto la condizione ed il bisogno. L’unico nostro intento è far trasparire Cristo luce delle genti sul volto della Chiesa. Del resto questa è la ragione del suo esistere.

 

Gesù parla delle beatitudini e contrappone l’«uomo saggio» all’«uomo stolto». Conviene riflettere un poco su questi due opposti tipi umani. La differenza tra loro si gioca tutta su una questione tanto semplice quanto impegnativa. Anche noi, sofisticati uomini del terzo millennio, siamo messi di fronte all’inevitabile alternativa: costruisce sulla roccia «chi ascolta le parole di Gesù e le mette in pratica» (cf. Vangelo Mt 7,24); mentre «chi ascolta le parole ma non le mette in pratica» (cf. Vangelo Mt 7,26), edifica sulla sabbia. Il primo ha davanti a sé un futuro, il secondo è inesorabilmente destinato a una «grande rovina» (cf. Vangelo Mt 7,27).

È Gesù che le parole del Vangelo di fatto identificano nell’uomo saggio. A noi è chiesto di seguirLo. Dobbiamo «uscire verso di Lui», superando ogni tentazione di adattamento alla mentalità di questo mondo ed accettando il rischio di «portarne il disonore», cioè quella croce che Lo umiliò.

 

Nel dono totale di sé, reso possibile dalla sequela di Gesù, la vita fiorisce. Tanti di voi madri e padri, sposi, sacerdoti e consacrati … insomma, tutti coloro che amano veramente lo sanno bene.

 

Per comunicarsi agli uomini Cristo ha voluto avere bisogno degli uomini, di testimoni. Egli ha deciso di aver bisogno di me, di te, di ciascuno di noi. Qui sta la meraviglia della grazia di Cristo che esalta l’umana libertà.

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