Facciamo nostra l’intenzione di fondo che anima ogni Eucaristia, il ringraziamento. Ringraziare, lo ripetiamo ogni messa, è dovere e fonte di salvezza. Oggi, ai tanti motivi, aggiungiamo uno che mi riguarda: ringrazio il Signore per il dono che mi ha fatto di 15 anni di ministero tra voi e sono contento di essere incoraggiato e sostenuto da tante persone che amo. Ringrazio dunque il Signore che mi ha permesso di servire la comunità. Il “servo” è lui, il sacerdote gli mette a disposizione la sua mente, il suo cuore, il suo corpo. Ringrazio il Signore perché ha acceso un fuoco nel mio cuore. Fuoco ardeva (e arde) nel cuore di Gesù. Il fuoco è simbolo di amore: nel cuore di Gesù è l’amore incredibile per il Padre e, di conseguenza, per ogni uomo. Gesù mi ha reso un po’ partecipe della sua passione. Ma a volte l’ho vissuta un po’ da “disperato”, perché toccavo con mano da un lato la prepotenza delle forze contrarie a Dio e l’astuzia di Satana, e dall’altro la mia, la nostra piccolezza e fragilità. Una “disperazione” che è male, perché dimentica la potenza di Dio: bisogna invece essere gioiosamente certi del trionfo finale dell’Amore; bisogna imparare a far leva sulla presenza in ogni uomo dell’anelito all’Infinito: “Ci hai fatti protesi verso di te, e il nostro cuore è sbilanciato finché non riposa in te” (S. Agostino). Ringrazio il Signore perché mi ha messo nella posizione panoramica per avere idee più chiare sulla vita e sulla storia ; perché inoltre mi ha donato una specie di mania, quella della ricerca dell’identità della comunità cristiana, al fine di valutarne con competenza le scelte. Avrei voluto rendere tutti partecipi delle grazie ricevute. Ultimamente mi piaceva immaginare il cristiano adulto con il Vangelo in una mano e nell’altra il giornale: capace cioè di leggere la storia da attento protagonista (ecco il giornale) con la sapienza che gli dona la Parola (ecco il Vangelo). Mi permettete adesso di dare qualche consiglio concreto a partire da un semplice gesto che s’è più volte ripetuto, la distribuzione di alcune immaginette, con chiare indicazioni. Ne ricordo tre, più una 1. L’immaginetta del Buon Pastore con le parole del salmo 22. Preghiera stupenda, ma anche scuola di preghiera. Apre gli occhi al mirabile compagno che ci sta a fianco nel cammino della vita, anche nei momenti di buio. La consapevolezza stupita della sua presenza rafforza il nostro amore, che non sarà più come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce (Osea, prima lettura). Il nome del Salvatore è Emmanuele, Dio con noi. Ho desiderato che si rafforzasse l’amore per questo luogo, la chiesa, tenda dell’appuntamento e del colloquio con il Signore che come Pastore ci guida. Riscopri Dio, nascosto sì, ma vicino ! 2. Durante l’anno della fede abbiamo distribuito l’immaginetta con le parole del Credo. Quelle parole sono luce su Dio e sull’uomo. “Il tuo volto, Signore, io cerco: aumenta il desiderio di conoscerti!”. Benedetto XVI ci suggerì di inserire il Credo tra le nostre preghiere quotidiane: parlandoci di Dio, quelle parole svelano anche il valore e il senso della vita umana. Nutri la sete di verità che è in te ! 3. Nell’anno santo della misericordia è stata data l’immaginetta con le opera di misericordia spirituale e corporale. Papa Francesco ci ha messo in condizione di stupirci dell’identità di Dio ( Dio è misericordia ), tanto da desiderare di imitarlo: la misericordia è la vera rivoluzione della storia, l’unica forza in grado di costruire il mondo nuovo. Misericordioso è lo sguardo di Gesù verso la donna peccatrice, così diverso da quello del fariseo ospitante: il suo sguardo la rigenera (Vangelo). Misericordiosi come il Padre per costruire una socialità nuova ! 4. Non a tutti, ma a molti, ho fatto conoscere la mirabile preghiera di papa Giovanni Paolo II, l’ultima sua in un documento ufficiale: Mane nobiscum Domine. Il papa riprende l’idea di fondo del salmo 22, Dio come compagno di viaggio e guida, ma gli dà il volto di Gesù risorto. Egli si affianca nel nostro cammino come fece il giorno di Pasqua con i due discepoli di Emmaus, ci parla, ci plasma la mente e il cuore, rendendoci simili a lui: “Non sono più io che vive: Cristo vive in me” (S. Paolo, seconda lettura). Addirittura si fa nostro cibo nell’Eucaristia, che il papa chiama “farmaco di immortalità”, medicina di immortalità dunque, perché ci dà il “gusto della vita piena” e per questo ci fa camminare fiduciosi e gioiosi: ci attende la vita senza fine, luminoso traguardo di ogni esistenza. Noi siamo i pellegrini dell’Infinito.
Queste quattro immaginette sono quasi una sorta di testamento: apri gli occhi al Dio vicino che si fa mendicante del tuo amore; lasciati illuminare dalla sua Parola facendo tacere le mille inutili parole che stordiscono; contribuisci alla rivoluzione per una società nuova con la misericordia, dono di Dio; sii gioioso pellegrino dell’infinito: la meta bellissima alla quale siamo chiamati rende ogni vita meravigliosa. don Gregorio Valerio |