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OMELIE ANNO B 2020-21
 
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V Domenica di Avvento - Domenica 13 dicembre 2020
( Is 11,1-10; Eb 7,14-17.22.25; Gv 1,19-27a.15c.27.b-28 )

don Davide Milanesi

Vorrei oggi attirare l’attenzione sulla prima lettura, tratta dal profeta Isaia, della quale vorrei far notare come i verbi siano al futuro.
Dunque, questa lettura ci spinge ad alzare lo sguardo dal nostro presente, per guardare avanti.
Il rischio, oggi, quando guardiamo avanti, è che non riusciamo ad immaginare niente di bello, anzi: tendiamo a vedere il nostro futuro come qualcosa di minaccioso, che ci chiederà ulteriori sacrifici.
La pagina di Isaia, invece, guarda verso il futuro con fiducia.
Vorrei che, anche noi, oggi, fossimo come il profeta Isaia, capaci di immaginare il futuro con fiducia.
Isaia immagina la venuta del Messia, il rampollo che sarebbe spuntato dal tronco di Iesse. Iesse era il padre del grande Re Davide e apparteneva alla tribù di Giuda: quindi, il Messia sarebbe arrivato dalla tribù di Giuda. Gesù viene, infatti, dalla tribù di Giuda.
Si parla di un Messia che sarà sottomesso all’azione dello Spirito; un Messia capace di giudicare, che promuoverà un tempo di concordia e di pace. Sono molto belle le immagini usate per descrivere questo tempo di pace: il lupo dimorerà con l’agnello il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso e così via.
Perché Isaia sogna, immagina un futuro di pace di concordia? Come fa Isaia a sognare un futuro così, a guardare al futuro con fiducia?
Forse, potremmo fare questa domanda anche a noi stessi: in questo tempo, dopo un anno così, riesco a guardare al futuro con fiducia, con speranza?
Ma questa domanda può diventare più profonda: fiducia e speranza hanno un fondamento? Hanno delle radici? Hanno dei motivi? Oppure sono solo espressione di uno stato emotivo, che mi fa entrare nel tempo della fatica, dicendo «andrà tutto bene»?
Se fiducia e speranza sono semplicemente legate ad una dimensione emotiva, quando il tempo della fatica si allunga, la dimensione emotiva che ci ha fatto dire “andrà tutto bene” si spegne e cede il passo a parole di lamentazione, d’insofferenza, che spengono uno sguardo di fiducia e speranza sul futuro.
Lo sguardo di fiducia e di speranza di Isaia è radicato nella fiducia in Dio, una fiducia che nasce nel fare memoria di quanto Dio ha compiuto per il suo popolo.
Nel capitolo precedente a quello che abbiamo letto oggi, infatti, Isaia rinnova la propria fiducia in Dio, facendo memoria di come Dio liberò Israele dai suoi nemici.
Lo sguardo di fiducia e speranza nel futuro richiede, quindi, di essere radicato nel passato, per poter avere un fondamento profondo ed affidabile. Certo, sarà importante vedere cosa risuoni, del nostro passato, dentro di noi.
Perché, se dimentichiamo quanto Dio ha fatto per noi, allora, difficilmente noi guarderemo al futuro con fiducia e speranza.
Se invece facciamo memoria, facciamo risuonare dentro di noi le grandi opere che Dio ha compiuto nella nostra vita, allora il nostro dire “andrà tutto bene” sarà radicato nella nostra fiducia in Dio, una fiducia che nasce dall’aver sperimentato, nella nostra storia, la grandezza di Dio.
Tutte le domeniche, qui a Messa, noi facciamo memoria di una grande opera che Dio ha compiuto: la morte e la resurrezione di Gesù.
Durante la Messa, noi facciamo memoria di un Dio, che è più forte della morte: per questo, i figli di Dio possono guardare con fiducia e speranza al futuro, perché solo questo sguardo sul futuro può sostenerci, nella battaglia del tempo presente.
Chiediamo al Signore di farci fare memoria di quanto ha fatto nella nostra vita, così da guardare al futuro con fiducia e speranza, così da essere in grado di scrivere una pagina come quella ascoltata oggi del profeta Isaia.

  don Davide

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