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OMELIE ANNO C 2018-19
 
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Epifania del Signore - Domenica 6 gennaio 2019
(Is 60,1-6; Tt 2,11-3.2; Mt 2,1-12)

don Davide Milanesi

“Chiedo l’aiuto del pubblico”. Non è una richiesta di aiuto per fare l’omelia. Era una frase tipica, se non ricordo male, di una trasmissione, in cui il concorrente, se era in difficoltà, poteva chiedere l’aiuto del pubblico; ciò aiutava il concorrente a superare la difficoltà e a rispondere alla domanda che lo aveva messo in difficoltà.
Chiedere aiuto dal pubblico significava diventare più forte.
Il pubblico rendeva più forte il concorrente.
Oggi, nel Vangelo, il Battista dice che Gesù è più forte di lui.
Ma dove sta la forza di Gesù?
Non certo nel pubblico che lo aiuta, anzi: ci sarà un pubblico che, dopo aver cantato «Osanna», griderà «crocifiggilo».
Dove sta, quindi, la forza di Gesù?
È il Vangelo stesso che ce lo indica: Gesù, dopo aver ricevuto il Battesimo, sta in preghiera. Una preghiera che apre il cielo.
Potremmo dire che Gesù non chiede aiuto dal pubblico, ma chiede aiuto dall’alto.
La forza di Gesù sta nella preghiera.
Noi, spesso, quando pensiamo alla vita di Gesù, pensiamo ai miracoli o ai discorsi: difficilmente, però, fissiamo lo sguardo su Gesù che prega; eppure, la preghiera è il segreto della sua forza.
Forse, anche noi abbiamo fatto l’esperienza di come la preghiera ci abbia aiutato ad attraversare momenti faticosi della vita, di come la preghiera ci abbia aiutato a trovare risorse che non avremmo mai immaginato d’avere, che ci hanno aiutato ad attraversare passaggi difficili della vita.
Ma perché la preghiera diventa una forza?
Come è possibile che qualcosa di “inattivo”, come il pregare, diventi una forza?
Come è possibile che quel fermarci su una panca in silenzio, fissando lo sguardo al tabernacolo o al crocifisso diventi una forza? Diventa una forza, perché la preghiera - come dice il Vangelo - apre il cielo e ci fa scoprire, così come ha scoperto Gesù, che siamo figli amati da Dio.
La preghiera diventa questo aprire i cieli, questo mettersi in ascolto di Colui che sta nell’alto dei cieli.
È Colui che sta nell’alto dei cieli che rivela il senso del battesimo di Gesù (e del nostro).
Da quei cieli aperti, ecco una parola sacra, che rivela il senso del battesimo: «Tu sei il figlio mio, l’amato».
La preghiera per scoprire il senso del battesimo ci dona la consapevolezza di essere figli amati da Dio.
Quando noi scopriamo di essere amati, ci sentiamo amati, troviamo risorse e forze che non ci saremmo mai aspettati d’avere.
Quando uno si sente voluto bene, tira fuori il meglio di sé.
La preghiera ci fa riscoprire di essere figli amati da Dio e questo amore diventa la forza per tirare fuori il meglio di noi stessi.
C’è un salmo che dice “la tua bontà mi ha fatto crescere”: potremmo dire il tuo amore mi ha fatto crescere, mi ha fatto tirar fuori il meglio di me
L’amore fa della nostra vita un capolavoro, un’opera d’arte.Detta in altro modo: Dio mi ama perché vede in me l’opera d’arte che posso diventare.
Michelangelo, quando guardava un pezzo di marmo da scolpire, vedeva già l’opera d’arte dentro quel pezzo di marmo grezzo e diceva: «bisogna togliere solo il superfluo».
Così fa Dio: guardandoci, vede già l’opera d’arte che possiamo diventare e il suo amore è lo scalpello che toglie il superfluo; a volte, però, noi siamo un marmo molto duro, che non si lascia scalfire dallo scalpello dell’amore di Dio.
La forza di Gesù sta in una preghiera che, continuamente, gli ridona la consapevolezza di essere figlio amato da Dio.
Nella preghiera, anche noi torniamo, con la mente, al nostro battesimo, per riscoprire che, all’inizio della nostra vita, troviamo l’amore di Dio che – continuamente - la plasma, facendone un capolavoro.

  don Davide

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