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Nella nostra Comunità l’attenzione ai poveri e alle persone in difficoltà non è mai mancata. Il primo incontro della Commissione Caritativa è avvenuto nel 1964 mettendo in atto tante iniziative a sostegno delle famiglie nel bisogno. Quattro anni dopo , nel 1968, prende vita l’iniziativa della bustina mensile “AMICI DEI FRATELLI PIU’ POVERI” a cui aderiscono circa 100 famiglie impegnandosi a versare una quota fissa libera. Il 1970 registra un aumento di famiglie aderenti raggiungendo il numero di 130 che diventeranno 150 nel 1974. |
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Negli anni ’90 lentamente il numero delle famiglie diminuisce e arrivando nel 1997 ad essere 99. Continua la discesa: nel 2002 sono 77, nel 2003 sono 66, nel 2006 sono 61 . Una piccola ripresa si registra nel 2007 tornando a quota 70 e poi di nuovo giù : sono 65 nel 2009, 52 nel 2013 e infine 44 nel 2016. Ci auguriamo di vedere preso “ la ripresa” con tante nuove adesioni. L’importanza di questa iniziativa sta nella sua fedeltà . Non importa la cifra che ogni mese si versa ma è la costanza che ci permette di fare dei progetti di aiuto per le persone che si rivolgono al nostro centro d’ascolto.
Vogliamo cogliere l’occasione per ringraziare tutti. |
Grazie , davvero grazie di cuore. |
Entriamo nell’Avvento. La successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra identità europea alle conseguenze di una crisi economica che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita – l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca, come ci ricorda Papa Francesco. Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre. Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure. L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine. L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare. Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie. mons. Luca Bressan |
Dopo la pausa estiva, riprendono i lavori del Consiglio Pastorale Diocesano, convocato per le giornate di sabato e domenica 26-27 novembre 2016. Il tema è “La pluriformità nell’unità nella pastorale dell’Arcidiocesi ambrosiana”. Un tema che ha tanti motivi di interesse, ne ricordo tre: è un tema evidenziato da subito dal nostro Arcivescovo nel suo magistero ambrosiano teso a far dialogare i diversi soggetti suscitati dallo Spirito; è un tema che è stato recentemente rilanciato dal documento della Congregazione per la Dottrina della fede Iuvenescit Ecclesia che focalizza la relazione tra doni gerarchici e doni carismatici (LG 4), è un tema presente anche in Evangelii Gaudium laddove il Papa descrive il volto della Chiesa come un poliedro: la Chiesa non è simile a una sfera di punti equidistanti, ma, come un poliedro, è caratterizzata da tante sfaccettature che dicono diversi modi di esprimere la fede, di testimoniarla nei diversi contesti culturali sociali nelle diverse epoche. Gli stessi soggetti presenti nel nostro Coordinamento diocesano associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali sono stati suscitati dallo Spirito e riconosciuti dalla Chiesa in tempi molto diversi: dall’Ordine francescano secolare del XIV secolo ad Alleanza Cattolica del 2012: epoche, sensibilità, destinatari diversi, ma chiamati alla stessa fede e ad esprimere l’unità nella pluriformità. Il tema in oggetto del Consiglio è dunque molto interessante per una riflessione sul volto di Chiesa e soprattutto di una Chiesa che si sente inviata continuamente ai confini della terra, in missione, e per questo tesa a investire in questo compito tutti i doni gerarchici e carismatici di cui lo Spirito l’ha arricchita. Nel confronto di questa due giorni sarà molto stimolante ascoltarsi, riconoscersi dentro la ricchezza della Chiesa di oggi, sentirsi insieme per essere a servizio dell’annuncio e per assecondare il movimento “in uscita” verso tutti. Chiesa poliedrica e non “per se stessa”, ma in uscita…. Due sollecitazioni che ci possono ben preparare anche alla visita pastorale di Papa Francesco. Valentina Soncini |
Ci sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”. Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché dovrei dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano di tutto, eccetto che dei loro peccati. Insomma sembra che il sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa. Forse anche per questo per alcuni la confessione è una fatica, un imbarazzo, e molti non si confessano. Ma il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della riconciliazione, per dire che il sacramento non si riduce all’opera dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati: è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato e ferito per la sua vita sbagliata. Ecco: una festa! La festa non si può celebrare in solitudine, di nascosto. Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e cose buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti è evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di Dio: insieme! Insieme si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli altri. Insieme si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia della riconciliazione. Insieme si riprende il cammino verso la santità non come l’impresa solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo santo di Dio. I preti sono, anche loro, peccatori in cammino verso la santità. Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si confessano e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché sperimentano la misericordia di Dio. Per questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4 novembre, i preti si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare insieme il sacramento della confessione e la festa della riconciliazione. Si può immaginare che la gioia e la forza di quel momento condiviso siano un buon motivo per ingegnarsi a salvare il sacramento della confessione dalla sua riduzione individualistica. Diventerà festa condivisa in ogni comunità che accoglie la misericordia di Dio. S.E. mons. Mario Delpini |
Via San Giacomo, 9, 20142, Milano
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